lunedì 30 agosto 2021

VITTORIO PERROTTA E IL SOGNO DI UN MUSEO DA DEDICARE AL PADRE

Vittorio Perrotta, che con l’acquisto di Villa Savo, al Capo di Vettica di Amalfi, dove lo sguardo si proietta da un lato sulla residenza che fu di Carlo Ponti e dall’altro sulla piccola baia, già dimora degli Agnelli, dei D’Urso, della contessa Chandon, ha dato una ulteriore dimostrazione del suo attaccamento alla terra d’origine. 

In chi lo ha vissuto, torna alla mente il tempo in cui la Costiera era meta abituale della high society internazionale e le cronache si sbizzarrivano a raccontare le scorribande – in auto e in motoscafo, e poi sugli sci - della first lady d’America e il blitz della principessa monegasca sbarcata sulla Marina di Conca per tenere a battesimo la figlioletta di Ines de la Fressange nella cappella della Madonna della Neve. Chissà che il recupero di questa splendida location non possa fare da input per un nuovo "rinascimento". Perché Vittorio è un personaggio straordinario. Un novello Re Mida, capace di trasformare in oro tutto quello che tocca. Basta leggere il libro (presentato ad Atrani tre anni fa) nel quale si racconta a Mauro D’Arco, "627 scalini. La storia romanzata di Vittorio Perrotta", edito da Franco Di Mauro, per rendersene conto.

Scrive nella prefazione il sociologo Domenico De Masi: «La terra in cui Vittorio è nato e si è formato è la Magna Grecia. Proprio di fronte ad Atrani, nella striscia di terra che segna i confini del golfo, era Elea, la città di Parmenide e di Zenone. Qui, secoli addietro, si insegnava che accanto alla ‘tesis', cioè alla forma del pensiero razionale, matematico, preciso, inflessibile, esiste e potentemente opera la ‘metis', cioè quella qualità umana di cui Vittorio, figlio della Magna Grecia e delle incursioni saracene, è dotato in sommo grado. Solo chi possiede quella qualità sa ricorrere all'intuito, allo stratagemma, al combinare irrequietezza e intraprendenza, avventura e fantasia, vigile attenzione e ispirazione audace».

Mi piace, nel titolo del libro, il richiamo ai 627 scalini che, in un paese – Atrani - costretto a svilupparsi verticalmente, nella gola angusta del torrente Dragone, è necessario percorrere per raggiungere la casa dove Vittorio nacque il 24 agosto 1939. E, nel colophon, l'annotazione che il ricavato della vendita (15 euro) è devoluto alla Collegiata di Santa Maria Maddalena e alla Chiesa del Carmine.  Un atto di mecenatismo, da sommare ai tanti già compiuti, dei quali sono testimoni i suoi concittadini. Una ulteriore prova che il cordone ombelicale tra il ragazzo emigrato a Parigi e fattosi "grande" con  straordinaria caparbietà, tenacia, tante idee innovative, conservando la voglia di vivere e di scherzare, come sottolinea De Masi, è ancora perfettamente integro. Anzi, diventa più solido con lo scorrere del tempo.  Me ne sono accorto quando mi ha telefonato l’altro giorno, dal Marocco, dopo che gli avevo fatto gli auguri di compleanno su facebook.

Una folla di ricordi ha invaso la mia mente. A cominciare da quelli lontani della prima giovinezza: le romantiche serate alla Torre dell'albergo Luna, gli abbordaggi sullo stradone, sulle marine, nei night (e io scrivevo sul giornale delle pin-up-girls giunte dal Nord e catturate dai tritoni locali). Fu allora che Vittorio si guadagnò l'appellativo di Sarracino, tanto era bello, prestante: con quel viso eternamente abbronzato, che suscitava sguardi femminili ammirati e concupiscenti. E anche un po’d’invidia tra i coetanei.

Fino all’ospitalità nel meraviglioso pied-à-terre di rue St. Dominique, e all’invito nella sua maestosa residenza sulla Marne, la vigilia di un Natale. Ci venne a prendere – me e famiglia – con la Rolls Royce appartenuta al Duca di Windsor. Non ho dimenticato i salti di gioia di mio figlio Antonio al solo vedere quell’auto!

Vittorio era stato considerato un fenomeno per aver dato vita alla catena di negozi "La chef des soldes" (poi "La clef des marques"), richiamando su di sé l'attenzione delle maggiori riviste di economia. Ricordo che una volta - ero suo ospite nell'appartamento che metteva a disposizione degli amici in rue Saint-Dominique - trovai sul comodino una copia di "Le nouvel economiste" con un lungo servizio che si occupava di lui, dal titolo "Profession Soldeur". Aveva inventato un nuovo modo di far commercio: gli outlet.

Dalla capitale transalpina, poi, i suoi interessati si sono trasferiti a Cuba e, quindi, a Marrakech, in Marocco, dove ha creato 


un importante complesso residenziale. E dove vive in una splendida casa, "Villa Alessandrina", chiamata così in memoria della mamma, persona semplice e forte, venuta a mancare troppo presto, a soli 39 anni, nel 1957.

Al padre, Lorenzo, che faceva il sarto ad Amalfi in una piccola bottega al tondo Volpe, sotto l'albergo Riviera, avrebbe voluto dedicare un museo ad Atrani, ma non è stato possibile. "Per quanto io voglia regalare alla città parte delle mie collezioni – disse tre anni fa -, sembra non ci sia uno spazio comunale adatto ad ospitarla". Chissà che non possa realizzare quest’altro suo sogno proprio a Villa Savo!

© Sigismondo Nastri

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