Dalle dichiarazioni fatte al Senato il 17 febbraio di quest'anno dal presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, sulla base delle quali ha ricevuto la fiducia del parlamento, stralcio un concetto che mi sembra molto importante: «Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato».
Mi pare di poterlo applicare alla discussione in corso
a Maiori, sfociata in una petizione, sul progetto che tende a realizzare,
nell’area del Demanio, di indubbio valore naturalistico, ma già abbastanza
maltrattata, un megaimpianto di depurazione degli scarichi fognari di alcuni
comuni della Costiera. È, secondo me, una iniziativa in controtendenza rispetto
all’azione che si propone di svolgere il governo in carica. Che, a questo
punto, avrebbe il dovere di fare chiarezza. Altrimenti, mi chiedo, a che serve
un ministro per la Tutela dell’ambiente, del territorio e del mare? Addirittura
un accademico, qual è Roberto Cingolani? Qualche indicazione è arrivata,
finalmente, dal ministero della Cultura, attraverso una risposta della
sottosegretaria Bergonzoni a una interrogazione della deputata Anna Bilotti
(M5S). Quanto meno il riconoscimento che l’area interessata all’impianto è di «rilevante impatto paesaggistico in contesto vulnerabile».
Meno male. Non è ancora passata la paura suscitata dal violento acquazzone che
ha colpito l’altro ieri Ravello, Atrani e Minori.
Difficile sperare che ci pensino qui, sul posto. Per
difetto di sensibilità, o di cultura? Non so. Forse c’entra la buona fede nei
tecnici, che non vanno tanto per il sottile. Oppure si dà più importanza ad
altri fattori. Solo che i guasti che si vanno a creare condizioneranno il
futuro. Come quelli compiuti da chi ci ha preceduti, che paghiamo in
termini di frane, smottamenti, alluvioni, congestione del traffico, emissioni inquinanti,
trasporto pubblico non rispondente alle esigenze dei cittadini, degrado delle
aree urbane.
Sul Corriere della sera,
oggi, affonda il dito nella piaga Antonio Scurati, ravellese di elezione, che
conosce bene la Costiera. Lo fa senza peli sulla lingua. Non lo conosco di
persona ma, se avessi il piacere d'incontrarlo, sarei tentato di dargli un
bacio in fronte. Lo scrittore parla di incuria, di abbandono. E cita lo
scandalo dei limoni (i magnifici sfusati amalfitani) pagati ai
coltivatori 60 centesimi al chilo e rivenduti a Milano [e non solo lì] quattro
euro e cinquanta. E' chiaro che a queste condizioni non ci sarà riparo al
dilagante abbandono dei terrazzamenti, che richiedono fatica, cura continua sia
per ciò che riguarda le piantagioni sia per la salvaguardia delle
"macere", i muri a secco che sono elemento di spicco del paesaggio.
Lo scrittore poi cita «l'illegalità, l'illecito sistematico, la complicità
attiva e passiva di chi dovrebbe combatterlo». E «l'abusivismo edilizio
endemico che grida vendetta sotto gli occhi di tutti, quasi sempre impunito»,
del quale ci si accorge per lo più a… messa vutata. Tanto si sa che niente verrà
abbattuto.
Dio creò la Terra e ne
rimase compiaciuto – ho raccontato in un precedente post –. Ma, trovandola
ancora grezza, prese a girarle intorno, seduto a cavalcioni su una nuvola, per
distribuire equamente le bellezze paesaggistiche e ambientali a ogni
territorio.
Successe, però, qualcosa di imprevisto. All'altezza della Costa d'Amalfi si era squarciato il sacco e ne erano venute giù in maniera eccessiva. L'angelo che lo accompagnava glielo segnalò. Fu allora che Dio, per compensazione, vi mandò ad abitare gente che piano piano l'avrebbero devastata. Ci stiamo provando. Difficile da credere, ma è così.
©Sigismondo Nastri
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