Un’idea sulla situazione politica, che rende complicato il varo del governo, me la son fatta. Può darsi che sia sbagliata – non sono un costituzionalista, mi esprimo da uomo della strada -, ma voglio esporla qui, dopo aver premesso che non parteggio per il M5S o la Lega – non ho votato né per l’uno né per l’altra -, e neppure per il Quirinale.
Piaccia o non piaccia, dopo i primi tentativi, puntualmente falliti (dar vita a un’alleanza tra Centro-destra e grillini, poi tra questi e il Pd o tra Centro-destra e Pd), una maggioranza in Parlamento s’è formata - M5S e Lega -, espressione del 55% di quanti il 4 marzo, da bravi cittadini, si sono recati alle urne. Discutibile quanto vogliamo, ma c’è. Con un programma trasformato addirittura in “contratto” tra le due parti, che possiamo definire populista, sovranista, o come vogliamo, ma che comunque fa riferimento a quel 55% dell’elettorato che ha scelto M5S e Lega. Che io sappia, un programma politico viene portato avanti da chi lo ha elaborato e se ne fa carico, non viene affidato per l’esecuzione a chi non lo condivide. E’ inimmaginabile che in quel governo trovino spazio personalità che non si riconoscono nel programma.
Ecco perché, a mio avviso, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non può imporre a Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader dei partiti che hanno la maggioranza alla Camera e al Senato, un ministro dell’Economia diverso da quello che hanno indicato. A meno che non giudichi Paolo Savona “indegno” di ricoprire la carica. Non bastano le divergenze sul ruolo dell’Italia in Europa. L'Italia, mi par di sapere, è una repubblica parlamentare nella quale la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione, attraverso i suoi rappresentanti eletti in parlamento. La linea politica di un governo, perciò, non è espressa dal capo dello Stato, ma dai partiti che lo sostengono. Il potere della fiducia (o sfiducia) è prerogativa del parlamento.
Se il Presidente Mattarella ha dovuto conferire l’incarico di formare il governo al Professore Giuseppe Conte – sicuramente contro la sua volontà - è perché gli è stato chiesto con forza, addirittura con una procedura irrituale, da M5S e Lega. Non poteva decidere diversamente. Vale, secondo me, anche per la nomina dei ministri.
Sic stantibus rebus, il Capo dello Stato se la sente di mandare tutto a scatafascio perché Paolo Savona ha una visione dell’Europa che non combacia con la sua o perché deve cedere alle pressioni - rese pubbliche dai media - dei poteri forti dell’Unione Europea? Si aprirebbe una campagna elettorale aspra, rissosa, forse anche violenta, capace di accentuare le divisioni tra gli italiani e di mettere in discussione, più di quanto avviene adesso, il ruolo stesso del Presidente della Repubblica quale “rappresentante dell’unità nazionale”.
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