Una piccola riflessione sul caso che ha posto il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, al centro dell’attenzione dei media. In un servizio televisivo, realizzato dalle Iene, si sostiene che abbia una colf nella casa di Napoli, pagata in nero. Il politico pentastellato, terza autorità dello Stato, nega e spiega che si tratta semplicemente di un’amica della sua compagna che l’aiuta nelle faccende domestiche. Del resto lui non risiede lì, ma a Roma, dove ha una collaboratrice domestica per la quale paga regolarmente i contributi previdenziali. Non entro nel merito della questione. Mi piace il giornalismo d’inchiesta, non “questo” finto giornalismo, becero, gridato, forse ad usum Delphini, condotto con agguati a persone inconsapevoli, forse anche sprovvedute (non mi riferisco al personaggio pubblico), con utilizzo di telecamere e microfoni mascherati. Certo, se il fatto fosse dimostrato sarebbe grave. Come per qualsiasi altro cittadino. L’assunzione di lavoratori in nero – oltre ad essere eticamente inaccettabile - comporta sanzioni per mancata iscrizione all’Inps e per omesso versamento dei contributi. Ciò premesso, mi sembra incontrovertibile che un rappresentante del popolo, deputato a scrivere, discutere e approvare le leggi (ancor più se chiamato alla guida di un ramo del parlamento), debba/dovrebbe essere insospettabile per ciò che riguarda l’osservanza delle regole (quelle – per l'appunto - che disciplinano il lavoro subordinato). Quindi, Fico non può sottrarsi a dare all'opinione pubblica una spiegazione chiara, convincente. Il mio sospetto è che la vicenda non sia nata a iniziativa delle Iene, ma che possa esserci stata una soffiata dall’interno dello stesso movimento del quale Fico è uno dei leader. Un leader scomodo, emergente, da sgambettare subito perché potrebbe – chissà! – diventare un intralcio alle ambizioni della concorrenza. Non sarebbe la prima volta nel panorama politico italiano. Dall’epoca giolittiana a quella democristiana.
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