domenica 29 aprile 2018

RIFLESSIONI NOTTURNE. IL BUSINESS E IL GIOCO DEL CALCIO


Ricordo che ascoltavo con mio padre, alla radio, Tutto il calcio minuto per minuto. Poi, quando le partite cominciarono ad essere trasmesse sullo schermo, papà escogitò un sistema: seguiva la telecronaca passeggiando su e giù per il corridoio, con la sigaretta in bocca, senza guardare le immagini sullo schermo. Eliminando la visione in diretta delle azioni di gioco teneva sotto controllo la pressione ed evitava di innervosirsi ad ogni decisione arbitrale che gli sembrava ingiusta, specialmente se era in gara la sua squadra del cuore.
E' quello che, da un po', cerco di fare anch'io. Non voglio più incazzarmi. Figuriamoci per una partita dal risultato scontato come quella di ieri sera. Scontato - sottolineo - perché la designazione dell'arbitro Orsato mi aveva subito fatto arrivare al naso il fieto del miccio. La conferma l'ho avuta al 18° minuto, quando ha espulso (decisione mirata?) l'interista Vecino. Ho azionato il telecomando e mi sono spostato su un altro canale Sky (dove c'era un programma scemo - I 4 hotel, condotto dallo chef stellato Bruno Barbieri - ma rilassante).
Il calcio è soltanto un business (chi tene 'o grano - nessuno più degli Agnelli - macìna: determina, condiziona e, se vuole, serogne). Non è più spettacolo sportivo, sana competizione, nemmeno sui campetti di periferia (ci sono ragazzini appena svezzati già in mano ai... procuratori e, quel che è più grave, con la complicità delle famiglie). 
Se questo è vero, ed è vero, perché devo farmi 'o sanghe àceto (come si diceva una volta)?
Non ho visto la partita, dunque. E stanotte, credetemi, ho dormito sereno.

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