In Costiera non si producono più arance, dicevo, a parte rade piante
che fanno capolino tra le pergole dei limoni. Bisogna oltrepassare il valico di
Chiunzi e affacciarsi sul versante dell’Agro per ritrovarne coltivazioni più
intense. Credo, ma manco sul posto da tantissimo tempo e non ne sono sicuro, che ce ne siano nel podere "Valle dei Mulini" di Gigino Aceto, che quando ero ragazzo chiamavamo 'O cuotto. Ho provato la marmellata prodotta da questa azienda tipica, insieme a vari liquori che attengono al territorio, e la trovo eccellente.
I ragazzi di oggi sono schizzinosi: di fronte a una spremuta
arricciano il naso, preferiscono bibite esotiche costruite in laboratorio.
Peccato. Eppure, leggo, gli agrumi (e se
vale per le arance, vale ancor più per i nostri limoni, di cui neppure so fare a
meno: meno male che ne ricevo da Tramonti) sono ricchi di vitamina C,
hanno azione antisettica, antinfiammatoria, protettiva nei confronti di cuore e
arterie. Se sono arrivato, sostanzialmente sano, a ottantatré anni, lo devo
anche alla grande quantità di limoni, arance, mandarini che ho inserito nella
mia alimentazione. Lo faccio tuttora.
Ho qui la ricetta per una buona salutare e genuina
marmellata. Me la diede, scritta di suo pugno, su carta intestata Hotel dei Cavalieri, la signora Andreina, moglie di
Antonio De Luca. La preparava per la famiglia ed era gradita dagli stessi dell’albergo.
Innanzitutto, gli ingredienti. Un chilo di arance, fresche,
non trattate, lavate e asciugate. E ottocento grammi di zucchero.
Si mettono sul fuoco due pentole d’acqua e, appena bolle, si versano le arance nella prima pentola per 6/7 minuti. Quindi, scolate, si passano nella seconda
pentola per altri 5 minuti.
Si scolano di nuovo e si mettono a raffreddare, in acqua
fredda. Quindi si tagliano a metà cercando - in un colino - di eliminarne i semi (se ne resta qualcuno non fa niente), senza schiacciarle troppo. E, soprattutto, ponendo attenzione a raccogliere in una pentola il succo
che viene giù dal colino per mischiarlo allo zucchero.
Le arance, già divise a metà, vanno ulteriormente tagliate
(in 4 o più pezzi), unite anch’esse allo zucchero e mescolate in modo che
questo risulti un poco ammorbidito. Dopo
di che si mettono sul fuoco a fiamma bassa, per cinque minuti (dall’insorgere
del bollore), mescolando spesso e fino in fondo. “Quando la scorza apparirà ben
cotta – sottolineava la signora Andreina -, io le passo nel tritacarne con i
fori grandi. Non bisogna impressionarsi se è un poco fluida: si indurisce
raffreddandosi.” Quel che bisogna evitare è che attacchi sotto o si scurisca troppo.
Rimossa dal fuoco, la marmellata così ottenuta va invasata calda. I
vasetti, chiusi ermeticamente, vanno lasciati a raffreddare, capovolti, su un
canovaccio. Una volta raffreddati, sarà
necessario accertare se il sottovuoto s’è creato correttamente, premendo al
centro del coperchio. I tappi di metallo (evitare il riutilizzo di quelli già usati) devono apparire leggermente incurvati verso l'interno e, premendoci sopra col dito, non si deve sentire clic clac.Se ciò avvenisse è perché il
sottovuoto non è andato a buon fine. Il prodotto ottenuto non è sicuro per la
conservazione. Per sicurezza, consiglio di affidarsi alla tradizionale bollitura dei
barattoli, come si usa fare per i pelati o la salsa di pomodoro. Saremo certi che il prodotto ottenuto potrà conservarsi a lungo.
Tutto questo vale anche per la marmellata di limoni, a
parte il fatto che devono essere preventivamente privati della buccia. E che
vanno bolliti interi una sola volta per 5 minuti, all’inizio del procedimento.
© Sigismondo Nastri (nuove ricette per 'A cannarizia)
Nessun commento:
Posta un commento