“Friggi e mangia”: mi sembra di poter condensare
in queste due parole, oggi, l’immagine di Amalfi.
Attrezzata, nemmeno tanto, a un turismo estraneo
alla sua vocazione. Perché la città appartiene a un
comprensorio – ne rappresenta il fulcro, con la sua
storia, le sue testimonianze d’arte, la sua bellezza –
tradizionalmente destinato a un turismo di qualità:
quello che da un po’ di anni si sta portando avanti a
Ravello, con risultati positivi. E’ vero, a Ravello lo
si è potuto fare grazie a strutture ricettive di assoluta
eccellenza. Come a Positano, del resto, dove si cerca
di frenare i flussi frenetici di vacanzieri. Ad Amalfi,
invece, è su questo fenomeno – il “mordi e fuggi”
- che si fonda l’economia. A vantaggio di pochi, il
resto della popolazione ne subisce le conseguenze
negative. Occorrerebbero politiche adeguate. Una
città d’arte, a vocazione turistica – interessata a
quello che si definisce heritage tourism -, dovrebbe
avere servizi adeguati, spazi vitali capaci di contribuire
alla qualità della vita, un’articolazione organica
delle attività commerciali e offrire uno shopping
di lusso, com’è in altri luoghi d’élite, non soltanto
pizzetterie, tavole calde, limoncello.
La massificazione del turismo, che ha portato a
una diffusione capillare di “B&B”, si trova a fare i
conti con l’inadeguatezza del sistema strutturale e
infrastrutturale. Vale per tutti i centri costieri. Forse
meno per le aree interne, dove c’è una migliore
distribuzione degli spazi e una maggiore attenzione
alle peculiarità ambientali.
Nessuno s’è accorto che negli ultimi decenni
sono scomparsi dal territorio della Costiera i grandi
nomi della economia, dell’alta finanza, della cultura,
dell’imprenditoria che qui avevano le loro residenze
estive.
Tutta la mobilità avviene attraverso la statale 163,
che non è in grado di sopportare l’eccessivo flusso
veicolare: soprattutto nei week-end, in occasione
delle grandi festività, nel periodo balneare. E si
pensa a nuove strade, addirittura a una galleria che
dovrebbe collegare Maiori con Cava de’ Tirreni. Ingolfando
ancora di più i nostri paesi.
Nonostante ci sia una “Conferenza dei sindaci”
non c’è unità di vedute. Si ragiona in ottica locale.
E’ questo il primo problema da affrontare: la mancanza
di un coordinamento che superi un campanilismo
atavico, nell’ottica di una progettazione seria,
oculata, complessiva delle esigenze del territorio:
nella prospettiva auspicabile di uno sviluppo ordinato,
che coinvolga tutti i dodici comuni.
Sigismondo Nastri
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