Ho recuperato su internet, dall'archivio della Gazzetta dello sport,
questo articolo di Luigi Garlando, pubblicato nell'edizione del 3 dicembre
2009, dopo la morte di Mario Laudano, che in quel giornale lavorava da più di
quarant’anni:
Archivio Storico
Addio «Babbo»
Laudano Cantò il Mago e la serie C
E' scomparso
ieri Mario Laudano, giornalista della Gazzetta dello Sport dal 1968. Nato ad
Amalfi (Salerno) il primo novembre 1933, viveva a Milano dal 1960. Ha
collaborato con Milaninter, il Corriere Lombardo, Sport Illustrato e con la Rai
, prima di entrare in Gazzetta, dove si occupava di calcio. Domenica a Cremona
il suo ultimo servizio.
LUIGI GARLANDO MILANO
Mario Laudano foto tratta da guide.supereva.it |
Babbo, il soprannome di Mario Laudano, nacque da un collega più giovane che
gli assomigliava, stessi baffetti da omino Bialetti, ma negli anni è diventato
altro, riconoscenza per un uomo che viveva la redazione con premure paterne.
Verso sera imbandiva una scrivania di provole, soppressata e pastiera per
spiegare ai più giovani che ha ancora senso un approccio umano al mestiere,
anche se crisi e riduzioni d' organico suggeriscono cinismo darwiniano. Il
Babbo, in pensione dal 1999, non ha mai smesso di sforbiciare e incollare
tabellini e classifiche su quaderni che consultiamo tutti. Li trovavamo sempre
pronti, come i bambini la colazione quando si alzano. Laudano si è sentito male
all' ora di pranzo in Gazzetta, esattamente come Candido Cannavò. Gemelli nell'
attaccamento passionale al proprio mestiere e al proprio giornale. Per il
Babbo, che non aveva moglie e figli, la Gazzetta, ancora di più, aveva il senso
di una casa. Mago Laudano diventò interista da piccolo vedendo volare il
portiere Angelo Franzosi sui giornali illustrati. Gli amici di Amalfi lo
chiamavano Franzosi. Nel ' 62, quando sembrava che Moratti stesse per scaricare
Herrera, Laudano promosse una crociata pro-Mago su Milaninter, tanto che fu
convocato dal d.s. Allodi, che forse aveva in canna Fabbri. Per questo il Babbo
ha sempre covato orgoglio da apostolo della Grande Inter, alla quale dedicò un
racconto di fantascienza: Mazzola contro gli extraterrestri di Zuzzurra. Laudano
ha firmato anche una commedia in 5 atti: «Mio figlio calciatore», che il
compaesano Gaetano Afeltra, nella prefazione, definisce «un canto d' amore» e
loda: «Situazioni costruite con abilità spettacolare». Gatto Il Babbo, da buon
campano, amava il bello scrivere, il periodo arioso. Non ci rinunciò neppure
quando il mestiere lo portò ad occuparsi di Serie C. Altra medaglia: trattava
il Lumezzane come la Grande Inter. Stessa passione, stessa cura. Epiche le sue
lotte per gli spazi: «Ho scritto troppo? Perché, una partita di C dura meno di
una di A?». Se Arrigo Sacchi un giorno gli disse: «Caro Laudano, finalmente
esco dalle tue pagine!», per salutare il balzo nel grande calcio, il Babbo non
si sentiva in prigione e provava a convincerci che quel terzino del Pergocrema
meritava la Nazionale. Chi è passato sotto il suo giudizio, come Galliani ai
tempi del Monza, ne ha grande stima, perché ne ha assaggiato la competenza. Il
Babbo era geniale anche nella compilazione della schedina che proponeva ai
lettori della Gazzetta. Appallottolava i segni 1, 2 e X, poi metteva il suo
gatto sul tavolo e gli lasciava scegliere il biglietto. Una volta ha fatto 12.
Violini Pochi giorni fa, il Babbo ha incrociato Moratti in via Bigli che
portava a spasso il cane e gli ha raccontato di quella volta che difese il
Mago. Ha sofferto per l' Inter di Barcellona, l' avrebbe voluta coraggiosa come
su Zuzzurra. Domenica Laudano ha raccontato Cremonese-Novara. Il suo ultimo
attacco: «Novara da toccata e fuga nella città di Stradivari». A rileggerlo
ora, sembra il presagio di un addio: toccata e fuga. Per Mario, la sua umanità,
la sua gentilezza, la sua classe, suonino tutti i violini del mondo. Ciao,
Babbo.
Garlando Luigi© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ieri,
a Cava de’ Tirreni, sono stato alla presentazione del libro Calcio
d’autore del mio amico e collega Antonio
Donadio – collega nell’insegnamento all’Ipc di Amalfi -, edito da la
Scuola. Antonio, cavese doc, bergamasco
d’adozione, è poeta, giornalista, scrittore, critico letterario, traduttore di
successo. Ma non è di lui che voglio parlare qui.
Mentre,
inframmezzate dall’interessante dialogo tra l’autore e Franco Bruno Vitolo, che conduceva l’incontro in modo vivace e
stimolante, si succedevano le letture dal libro, io pensavo proprio a lui, Mario Laudano, del quale fra qualche
giorno ricorrerà il settimo anniversario della morte. Pensavo a lui per due
motivi: perché allo sport del pallone aveva dedicato l’intera vita, da quando a
scuola si cimentava a emulare sui fogli dei quaderni le “disegnate” di Silva
che allora illustravano le partite sul settimanale Calcio
illustrato, giocava a comporre fantasiose “formazioni” di dei dell’olimpo, eroi
omerici, poeti o scultori del mondo greco-romano, a quando, negli anni della
maturità, diede alle stampe un bellissimo libro, Mio figlio calciatore, regalatomi
con un’affettuosa dedica, che ebbi pure modo di recensire.
Mi
domandavo, ieri sera, mentre ascoltavo la lettura di frammenti di liriche di Umberto Saba, Pier Paolo Pasolini, Mario Luzi,
Alfonso Gatto, o di brani di Giovanni Arpino, Gianni Brera, eccetera, che fanno da collante – e da struttura
portante – al bel racconto intessuto da Antonio Donadio sulla evoluzione del
calcio in Italia, e continuo a domandarmi stamattina a mente serena: perché
Amalfi non ha fatto nulla per Mario Laudano?
Alla
sua morte, sette anni fa, formulai la proposta – rimasta inascoltata - di
intitolargli la palestra a Vettica. La rilancio all'amministrazione
guidata da Daniele Milano.
Sigismondo Nastri
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