A me ogni tanto torna a mente, quasi come un incubo, la buonanima di Paolo ‘e Conca. Specialmente quando sento pronunciare alla tv, o leggo sui giornali, numeri da capogiro. Anche in tempi di semplificazione, che hanno declassato la "storica" mille lire ("se potessi avere mille lire al mese", si cantava una volta) a pochi centesimi di euro. Come le cifre tirate in ballo da Matteo Renzi & C. in questi giorni di campagna elettorale.
Ammacàro ca fosse tutto overo! Per ora, siamo nella fase delle promesse, dei buoni propositi: soltanto numeri.
Di Paolo ‘e Conca mi resta impresso il ritratto che ne tracciò, da Parigi, il mio amico Franco Colavolpe sul suo blog: “Non veniva da nessuna parte e aveva scelto di vivere nelle strade di Amalfi. Si facevano supposizioni sulle sue origini, ma nessuno ha mai saputo la verità. Di sicuro c’era il nome, Paolo. Poi gli amalfitani hanno deciso che fosse originario di Conca e tutti hanno cominciato a chiamarlo ‘Paolo ‘e Conca’. [...] Di giorno prendeva posto, col suo sacco di juta contenente poveri effetti personali, in piazza Flavio Gioia, dove cominciava il suo impegno quotidiano. Con il gesso disegnava un cerchio che per lui rappresentava la terra. Poi prendeva dei chicchi di mais e li disponeva con un criterio tutto suo. Si concentrava su un particolare e cominciava a moltiplicare i chicchi per delle cifre astronomiche che davano risultati con parecchie dozzine di cifre. Era convinto che con i suoi calcoli era il solo a poter salvare il mondo. [...] Un giorno è sparito e anche il suo segreto se n’è andato con lui”.
Ricordo che noi ci mettevamo intorno a questo singolarissimo e misterioso personaggio, all'inizio dello stradone, dove c'era una volta l'orologio, e ne seguivamo ogni gesto, controllavamo la progressione dei numeri da capogiro segnati sul marciapiede senza capirci niente. Mi capita lo stesso in questa delicata fase della nostra vita politica e istituzionale. Non ci capisco più niente.
Sigismondo Nastri
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