L’amico (carissimo) e collega (bravissimo) Gabriele
Bojano ha scritto stamane su Facebook: “IL MARKETING SENZA DECENZA Mettere in
vetrina detti e proverbi della nostra cultura popolare è un'operazione
innovativa ma molto rischiosa. Si sottolinea infatti troppo in evidenza il
divario con la merce esposta, dai prezzi proibitivi. Uno schiaffo sonoro alla
miseria travestito da marketing, il classico esempio di pane per chi non ha i
denti…”.
Una volta tanto, mi scuserà, non sono d’accordo con
lui.
Le filastrocche riprodotte nelle vetrine sono
quelle che io ho pubblicato, giorno dopo giorno, su Facebook. Recuperandole
(nella loro autenticità: non le ho certo inventate, si trovano dappertutto, nei
libri e sul web, per lo più in modo approssimativo o scritte male) soprattutto
dalla memoria personale, familiare, dei tanti amici che mi hanno dato una mano.
C’è stato un confronto, quasi quotidiano, in particolare con persone non
giovanissime, che sono cresciute con quelle filastrocche, che con quelle cónte
ci hanno giocato. Come si usava ai miei tempi. Sto facendo ora la stessa cosa
postando il “proverbio del giorno”.
Qualcuno ha riconosciuto che le filastrocche sono
“riscritte” in un napoletano corretto. Questo mi dà soddisfazione. E' da una
vita che mi batto per la lingua napoletana, reclamando che sia tutelata da una
istituzione ad hoc, tipo Accademia della Crusca. I testi delle canzoni di oggi
mi fanno venire i brividi (e tanta rabbia). Compresa quella “appocundria” – che
dovrebbe essere ‘a pocundria - di Pino Daniele.
Quanto all'utilizzo di queste filastrocche – prese
dal mio blog: una cosa che mi ha fatto piacere, tanto più che s’è avuta la
cortesia di evidenziarlo - per l'allestimento delle vetrine di un negozio di
abbigliamento di lusso, Brancaccio (nel quale, confesso, non sono mai entrato: non è il mio
genere), dovuto a professionisti seri, intelligenti e capaci del mondo
della grafica e della comunicazione, che conosco e stimo, non mi pare che ci
sia niente di scandaloso.
Bojano parla di "uno schiaffo sonoro alla miseria
travestito da marketing" e in questo ha ragione. Ma è tipico della società
di oggi. Basta prestare attenzione a certi messaggi trasmessi dalla tv e alla
pubblicità sui giornali. Io sono un abituale lettore del Corriere della sera:
non è la stessa cosa quando, sfogliando i supplementi che mi si obbliga a
ritirare dal giornalaio, mi trovo sotto gli occhi orologi di marca,
costosissimi, macchine di lusso, champagne e caviale, abiti firmati da grandi
stilisti che non potrò mai acquistare?
La pubblicità è fatta per attirare l'attenzione, la
curiosità della gente: se ci si riesce con una vetrina vuol dire che s'è
raggiunto lo scopo. Io credo che - proprio con la mediazione delle filastrocche - sia stata compiuta anche un'operazione culturale.
“La pubblicità – sostiene Luis Bassat, noto
creativo catalano - emoziona, innamora, seduce. Suscita emozioni. Un chilo di
pubblicità può contenere 999 grammi di razionalità, ma brillerà e si
distinguerà per il suo grammo di follia”. Se fa anche discutere, ha raggiunto lo
scopo.
Sigismondo Nastri
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