Le immagini drammatiche del terremoto, che ancora stamattina la tv trasmette da Amatrice, Accumoli, Arquata, richiamano alla memoria il sisma che devastò la Campania
e la Basilicata nel 1980.
Abitavo a Maiori nel parco Cocomero, in via Gaetano
Capone. Quella domenica, 23 novembre, eravamo appena tornati dalla messa nella
chiesa di san Domenico (che poi è rimasta chiusa, per il restauro, fino a un
anno fa), io, mia moglie, mio figlio che aveva otto anni. Erano le ore 19.34. Mia madre teneva in braccio mia figlia bambina
quando tutto, in casa e fuori, cominciò a tremare con violenza spaventosa. I
soprammobili cadevano con fragore dalle mensole e dai ripiani. Il palazzo oscillava
come il pendolo d’un orologio. Stavamo al quarto piano, quasi a ridosso della
spiaggia, il vetro del balcone proiettava nello sguardo la superficie del mare incredibilmente
piatta.
Appena la scossa passò, dopo quaranta interminabili
secondi, mia madre si precipitò al piano di sotto da mio padre, che era rimasto
solo. Giusto il tempo di buttaci qualche coperta addosso, e scappammo giù
terrorizzati. Seguirono altre scosse, quelle cosiddette di assestamento. E' la prassi, informano i geologi. Ma una prassi che aggiunge panico a panico.
Per molte notti dormimmo in auto, sul lungomare. Stretti
stretti sui sedili, in modo da difenderci dal freddo. Ci mancava il coraggio - come a
tantissimi altri - di rientrare nelle abitazioni.
A ripensarci ora, ci andò
bene, perché Maiori, paura a parte, non subì danni rilevanti.
Nessun commento:
Posta un commento