Quando si
verifica un evento giudicato “eccezionale”, in questo caso un terremoto, la
parola che più frequentemente viene ripetuta è “fatalità”. Stavolta, dopo il
sisma che ha devastato Amatrice, Accumoli, Arquata e altri
piccoli paesi del centro Italia, la discussione ha preso un’altra piega: la
necessità, sostenuta in tv da architetti, ingegneri, geologi, che si metta "in sicurezza" il patrimonio edilizio del paese. A cominciare dagli edifici
pubblici: municipi, caserme, per garantirne l'operatitività anche in situazioni di emergenza, e le scuole. Si sostiene che ogni fabbricato debba avere la propria carta d’identità, un libretto di
manutenzione tipo quello in uso per gli impianti a caldaia. Va bene, certo. Ma
siccome siamo in Italia, una domanda mi viene spontanea: chi ci garantirà che
un'attestazione di "antisismicità" potrà farci dormire sonni tranquilli?
Cito
un esempio, il più recente. Senza fare un’indagine più ampia e neppure a ritroso. Ad Amatrice è
andato in macerie l’edificio scolastico, ricostruito nel 2012 (solo quattro anni
fa). Realizzato a prova di terremoto. Eppure
è crollato. Per fortuna, di notte e in periodo di chiusura delle scuole. La
concomitanza di queste circostanze ha impedito una ulteriore tragedia. Nella
tragedia, già immane, che ci fa piangere e commuovere.
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