Bagnanti ad Amalfi ai primi del Novecento |
Sono molti a scandalizzarsi, anche da noi, per il fatto che donne islamiche possano accedere alla spiaggia e farsi il bagno col burkini, un costume coprente – assimilabile a quelli che le nostre donne indossavano nei primi decenni del novecento
(ved. foto a lato) – che lascia ben scoperto il
viso consentendo la identificazione delle persone. Non capisco a chi possa dare
fastidio. E non credo che il divieto imposto da alcune municipalità francesi, con l'avallo del primo ministro Manuel Valls, valga a ridurre il rischio di attentati. Se mai è la Francia che, così, abdica a uno dei principi - Liberté, Égalité, Fraternité - ereditati dalla rivoluzione del 1789 e proposti come patrimonio di civiltà al mondo intero.
Se una suora decidesse di andare a mare vestita, col cappuccio in testa, non commetterebbe reato. Tutt'al più, dovrebbe dar conto alla sua
congregazione e ai suoi superiori. Pure a me potrebbe venire la voglia di
tuffarmi in giacca doppiopetto e cravatta. Al massimo, susciterei l’ilarità dei presenti.
Ci gonfiamo la bocca pronunciando la parola “integralismo”
e non ci accorgiamo che, spesso, i primi ad essere insofferenti alla pluralità
di fedi, ideologie, appartenenze, costumi, modi di essere e di vivere, siamo noi. Ci aggiungo l’omofobia, ancora largamente diffusa.
L’Islam – piaccia o no - è una grande religione (la seconda nel mondo, con 1,6
miliardi di fedeli) e va rispettata. Al pari di tutte le altre confessioni, anche
quelle che hanno meno seguaci, a patto che operino nel rispetto delle leggi. Ed
è cosa ben diversa, l’Islam, dallo Jihadismo, fenomeno terroristico da combattere e debellare.
Chi
alimenta la confusione non contribuisce a risolvere il problema.
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