Il mio amico Peppe, maiorese, di venerata memoria, si autodefiniva 'o stunato non perché lo fosse nel cantare (credo che non abbia mai
cantato, neppure quando si faceva la barba), ma perché era sempre fuori
dal coro nell'esprimere giudizi, nel valutare fatti e circostanze. Mi
viene di pensare a lui, mentre intervengo, in punta di piedi, con pacatezza,
senza l'intenzione di offendere chicchessia, nella polemica che tiene banco in
queste ore su Facebook.

Mi appello però al mio illustre indimenticabile compaesano
Gaetano Afeltra, maestro in questa materia, il quale diceva a noi ragazzi - nei
lunghi incontri al tavolo del bar Savoia ad Amalfi - che i titoli devono essere
come uno schiaffone sul viso, devono colpire la sensibilità del lettore.
L'infortunio di Cronache, perché di infortunio (a mio
avviso) si tratta, avrebbe potuto aprire una discussione, almeno tra gli
addetti ai lavori, seria e costruttiva. Senza dover rinunciare a un confronto
duro e serrato. Si sarebbe compiuta così - forse c'è ancora spazio e tempo -
anche un'azione educativa rivolta ai più giovani, troppo spesso preda di intolleranza
e bullismo.
Invece, nella polemica, s'è preferito alzare il tiro. Ricorrendo subito agli insulti. Il risultato è che l'episodio disgustoso, terribile, che s'è verificato a Cava de' Tirreni ai danni di un ragazzo, passa in sott'ordine: più che gli stupratori sono alla gogna un titolo di giornale e chi lo ha concepito e mandato in stampa.
Invece, nella polemica, s'è preferito alzare il tiro. Ricorrendo subito agli insulti. Il risultato è che l'episodio disgustoso, terribile, che s'è verificato a Cava de' Tirreni ai danni di un ragazzo, passa in sott'ordine: più che gli stupratori sono alla gogna un titolo di giornale e chi lo ha concepito e mandato in stampa.
Sigismondo Nastri
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