Ho un ricordo caro,
ricco di simpatia, di Francesco Cossiga. Egli venne a Positano il 15 luglio
1991 (mi accorgo ora, scrivendo, che son trascorsi venticinque anni) e vi si trattenne fino a pomeriggio inoltrato. Difficile che me ne possa
dimenticare. Seguii la visita come cronista per conto di un quotidiano di
Salerno. Questo mi consentì di avere con lui un rapporto diretto. La giornata
era bella, soleggiata, seppur tormentata da un vento fastidioso che rendeva il
mare increspato. Il Presidente della Repubblica fu accolto da una piccola
folla, schierata su balconi e terrazze, lungo le scalinate e la marina, e da
gruppi festosi di bambini con le bandierine dai tre colori in mano. Sulla
banchina c’era l’abituale protocollare schieramento di autorità: sindaco,
prefetto, questore, comandanti delle varie armi e così via, in trepida attesa,
oltre ai tanti operatori TV, fotografi, giornalisti.
Cossiga giunse a bordo
di un piroscafo che gettò l'ancora a un centinaio di metri dal molo. Lo potemmo
vedere subito, affacciato sul ponte, compiaciuto dello scenario che gli si
parava dinanzi. Era in tenuta sportiva, con giubbotto da marinaio e cappellino.
Una motovedetta si accostò, lui scese a passo svelto la scaletta e vi si
imbarcò. Quella motovedetta, però, non riuscì a guadagnare la riva. Vi provò
ripetutamente, ma, in prossimità del pontile, veniva sempre respinta dalla
risacca. Il Capo dello Stato, anziché spazientirsi, appariva divertito. Nei
volti dei responsabili della sicurezza, invece, si leggeva la tensione per una
situazione paradossale, che oscillava tra il drammatico e il comico. Una situazione
che divenne esilarante quando, dalla spiaggia, si levò alto il grido di Teresa
Lucibello, mitica noleggiatrice di piccole imbarcazioni: "Levateve 'a miezo tutte quante, mó 'o faccio sbarcà io 'o
presidente!". La donna, risoluta, fece scivolare in mare una barca e,
a colpi di remi, raggiunse velocemente la motovedetta. Nessuno provò a
trattenerla. Cossiga accettò di buon grado l'invito, vi montò su con l’agilità
di un provetto uomo di mare e, accompagnato da calorosi applausi, fu condotto a
terra. Sano e salvo. Divertito sì, eppure per niente disposto a rinunciare a
una delle sue esternazioni: più tardi,
nel corso del pranzo di gala all'hotel Sirenuse – rivolto al Comandante
di porto di Salerno - disse, con aria sfottente: “i suoi uomini sono marinai da piscina”.
Nella foto è colto il momento in cui Cossiga scrisse il messaggio di saluto a mio figlio |
Nel percorso in salita dalla
marina all’albergo cercavo, col microfono del registratore aperto, di captarne
ogni frase. Favorito dal prefetto Corrado Catenacci, leggermente defilatosi per lasciarmi il posto accanto al presidente. A un certo punto, con un po' di
sfrontatezza, gli sussurrai: "Quando
torno a casa e riferisco a mio figlio Antonio che sono stato con lei, non mi
crederà". "Davvero?",
replicò di scatto. Mi chiese di passargli la penna e un foglio di carta sul
quale scrisse: 'ad Antonio, con gli auguri di Francesco Cossiga'. "Glielo faccia vedere",
aggiunse. In quello stesso momento, mi vidi comparire di fronte proprio Antonio
in un gruppo di ragazzi e ragazze, che a Positano erano venuti per fare baldoria.
Accennò un sorriso, senza fermarsi. Alla sua età, era attratto da ben altri
interessi.
© Sigismondo Nastri
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