Il 23 maggio
1956 ricorreva il cinquantenario della morte del grande drammaturgo norvegese Henrik
Ibsen, del quale una lettera conservata all’hotel Luna di
Amalfi testimonia il soggiorno nella città della costa. Un anno prima mi
feci promotore di una proposta: perché non onorarne la memoria nelle tre
località della Campania legate ad altrettante sue opere? Suggerivo di
organizzare la rappresentazione del Peer Gynt a Casamicciola,
de Gli Spettri a Sorrento e di Casa di Bambola ad
Amalfi, legando l’avvenimento a una “rivisitazione” critica dell’intera
produzione ibseniana e ad altre manifestazioni collaterali: convegno di studio,
apposizione di lapidi nei luoghi del soggiorno, francobollo commemorativo,
eccetera. La mia iniziativa richiamò l’attenzione di tutta la stampa nazionale.
L’ambasciatore
di Norvegia in Italia, Ralph Anderson, mi fece pervenire la
sua adesione e quella delle autorità di Oslo. In una lettera, che fu
ampiamente ripresa dai mezzi d’informazione, scriveva: “Vorrei
ringraziarla per avere promosso l’idea di organizzare le cerimonie
commemorative in rapporto con il cinquantenario della morte di Henrik Ibsen.
Sono convintissimo che una tale commemorazione in memoria del grande Poeta e
Drammaturgo vorrà maggiormente approfondire e riaffermare quell’amicizia che
esiste tra la Norvegia e l’Italia. Henrik Ibsen era unito all’Italia da molti e
forti legami ed ha attinto in questo bel paese forza ed ispirazione. Attraverso
la sua vita e la sua poesia l’Italia divenne cara agli animi dei norvegesi”.
Roberto
Minervini, giornalista, scrittore di cose
napoletane, redattore delCorriere di Napoli, mi offrì il suo
incondizionato appoggio. Furono avviati contatti con un impresario teatrale, Franco
Sirolesi, che venne ad Amalfi, mi consegnò un progetto, con allegato
il preventivo di spesa. Protagonisti di Casa di Bambolasarebbero
stati Valentina Fortunato e Arnoldo Foà. Regia di Luciano
Lucignani. Vi fu una fitta serie di incontri che coinvolsero la Provincia,
il Comune e l’Azienda di soggiorno di Amalfi, l’Ente provinciale per il
turismo. A uno di essi, indetto dal sindaco Francesco Amodio,
partecipò l’onorevole Maria Jervolino, sottosegretario al ministero
della Pubblica Istruzione, che assicurò di occuparsene in sede governativa. A
livello parlamentare, si mosse l’onorevole Giuseppe Calabrò,
autorevole componente della Consulta parlamentare per lo spettacolo. Poi,
quando sembrava che si fosse in dirittura di arrivo, mi vidi crollare,
all’improvviso, il mondo addosso. L’avvocato Girolamo
Bottiglieri, presidente della Provincia (e dell’Ept), mi chiamò e mi disse
che non si poteva fare nulla per mancanza di fondi. Forse era vero, forse no.
Certo è che la messa in scena di Casa di bambola fu dirottata
a Casamicciola. Amalfi perse un’importante occasione di promozione turistica e
culturale.
Eppure
l’iniziativa aveva avuto l'avallo di tutta la stampa nazionale. Mi ero trovato,
senza volerlo, agli onori della cronaca: definito, sul Mattino, “egregio cittadino amalfitano” da quel
gentiluomo e maestro di giornalismo che era Ugo Fruscione e “timido
e smilzo studente”, sulla rivista Orizzonti, da un
(allora) ben noto critico cinematografico, Antonio Piumelli, del
quale non rimpiangerò mai abbastanza la scomparsa prematura. Io, all’epoca, non
conoscevo ancora Ugo Fruscione. Ebbi modo di incontrarlo nella libreria
Savo di Amalfi qualche giorno dopo che lui s’era interessato alla mia
proposta. Appena vi misi piede per acquistare il giornale, come facevo ogni
giorno, il libraio, Antonio Savo, si rivolse al distinto signore
che stava lì seduto e disse:“Commendatore, questo è Sigismondo Nastri”.
Lui mi guardò in un lampo dalla testa ai piedi – ero un ragazzo –, si mise una
mano sulla fronte ed esclamò: “Ma come? io ho scritto: un egregio
cittadino amalfitano!". A sessant'anni di distanza il mio
auspicio è che lo sia diventato.
Sigismondo Nastri
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