Ero studente di giurisprudenza all'Università Federico II di Napoli ma, "catturato" dalla politica
(svolgevo le funzioni di segretario dell'onorevole Francesco Amodio, sindaco di Amalfi), non riuscivo a
trovar tempo da dedicare allo studio. Al punto da rischiare la decadenza
dall'iscrizione. Non sapevo che, non sostenendo esami per otto anni - un tempo lunghissimo, trascorso senza che me ne fossi reso neppure conto - si perdeva il diritto di proseguire il corso di laurea. Me lo riferì un amico. Per evitare questo rischio mi suggerì di sostenere un esame qualsiasi, facendomi bocciare. Se ricordo bene, fu lui stesso a presentare la domanda a mio nome, con relativo statino. La scelta cadde, forse incautamente, sul prof. Francesco De Martino, uomo di punta del Partito socialista del quale fu segretario e presidente. Ma, soprattutto, personalità di altissimo livello scientifico, politico e umano, tanto da essere chiamato a ricoprire la carica di vice presidente del Consiglio dei Ministri (I governo Moro, dicembre 1963; I, II, III governo Rumor, 1968-71) e da meritare la nomina a senatore a vita (1991).
L'aula degli esami era gremita come un uovo, quel giorno. In cattedra, circondato da giovani assistenti, troneggiava l'illustre cattedratico. Quando arrivò il mio turno, espletate le formalità di rito, mi premurai di spiegargli che stavo lì per mera formalità, dato che non ero preparato. "E che è venuto a fare?" mi domandò. Risposi che
volevo essere bocciato. La replica fu immediata: "Io non boccio, non ho
mai bocciato nessuno, si ritiri". "Se mi ritiro - obiettai - è come
se l'esame non l'avessi fatto. Perdo il diritto all'iscrizione".
Ci fu un tira e molla tra me e lui. "Mi dica almeno qualcosa, quello che
vuole, quello che sa". Preso così, alla sprovvista, non fui in grado di accontentarlo. Non avevo neppure sfogliato il libro di testo. Mai e poi mai mi sarei potuto immaginare una tale generosità. Il professore De Martino si arrabbiò. "Allora lo vuole lei!", gridò con voce tonante. Afferrò il
libretto, sul quale aveva annotato il voto: 17/30, e lo lanciò in aria. Lo raccolsi a terra, soddisfatto di aver raggiunto l'obiettivo che m'ero proposto.
All'uscita dall'aula, il capo bidello Castiglia*, ignaro di
quel che era successo, mi rivolse parole d'augurio. Ricambiai con una mancia.
Sigismondo Nastri
* A proposito del capo bidello Castiglia ho trovato un riferimento in una bellissima intervista di Maria Chiara Aulisio al prof. Giuseppe Tesauro, sul Mattino (31.7.2015). Alla domanda "Quante raccomandazioni ha ricevuto nella sua carriera?" il docente risponde: "Se non fosse stato per Castiglia, neanche tantissime". E aggiunge: "Il capo bidello dei miei tempi, altro che preside. Non c’era seduta d’esame che non mi raccomandasse un nipote. Un giorno glielo dissi: "Castiglia, ma quanti nipoti tieni?”. Risposta: “Assai, professò, assai...”.
* A proposito del capo bidello Castiglia ho trovato un riferimento in una bellissima intervista di Maria Chiara Aulisio al prof. Giuseppe Tesauro, sul Mattino (31.7.2015). Alla domanda "Quante raccomandazioni ha ricevuto nella sua carriera?" il docente risponde: "Se non fosse stato per Castiglia, neanche tantissime". E aggiunge: "Il capo bidello dei miei tempi, altro che preside. Non c’era seduta d’esame che non mi raccomandasse un nipote. Un giorno glielo dissi: "Castiglia, ma quanti nipoti tieni?”. Risposta: “Assai, professò, assai...”.
Nessun commento:
Posta un commento