Stanotte, dopo aver fatto zapping tra La 7 (Enrico Mentana) e Rai 1 (Porta a porta di Bruno Vespa), me ne sono andato a dormire quando i primi exit poll, relativi al referendum nel Regno Unito, attribuivano il 52% al Remain, alla permanenza della Gran Bretagna nella UE. Sono riuscito pure ad ascoltare le dichiarazioni del primo ministro David Cameron, soddisfatto, e di Nigel Farange, che appariva deluso. Stamattina, al risveglio, ho scoperto dal televideo che le cose erano andate all'incontrario. Il voto ha sancito il Brexit, cioè l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
Con questo atto democratico, di grande significato politico, l'Europa dei tecnocrati, l'Europa governata dalla finanza, è giunta al fallimento. De Gasperi, Adenauer, Spinelli, Monnet, Spaak, Schuman si stanno rivoltando nella tomba. Il loro sogno di creare un'Europa unita, forte, solidale, capace di fare da contraltare alle due potenze mondiali - l'Usa e, allora, l'Urss - si è trasformato in una catastrofe.
Ora occorrerà ripartire da zero, ridiscutere tutto, su nuove basi, per creare una vera Unione, soprattutto politica, non solo economico-monetaria. Una comunità di uguali, non a conduzione germanico-francese. Un'Europa, soprattutto, che sia in grado di rispondere ai bisogni e alle attese dei popoli del continente. Sotto questo aspetto la lezione che ci giunge dall'Oltremanica può essere salutare. Sempre che non susciti una reazione a catena.
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