lunedì 27 giugno 2016

"GERMINAZIONI ARCHETIPE": DAL 2 AL 31 LUGLIO, A RAVELLO, LE SCULTURE DI LUIGI VOLLARO NEL SITO ARCHEOLOGICO DEL MONASTERO DELLA SS. TRINITA'

Sabato, 2 luglio, alle ore 19.00, presso il sito archeologico del Monastero della SS. Trinità di Ravello si inaugura la mostra di Luigi Vollaro “Germinazioni archetipe”, a cura di Pasquale Ruocco,  visitabile fino al 31 luglio durante l’orario di apertura del sito (11.00-17.00).
L’evento apre il calendario di attività legate all’arte contemporanea previste all’interno del progetto di studio e recupero del sito archeologico promosso e gestito dall’associazione temporanea di scopo costituita dall’Associazione culturale Ravello Nostra, ente capofila, dal Comune di Ravello, dall’Università degli Studi di Salerno e dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, e finanziato con fondi del Ministero della Gioventù nell’ambito del Piano Azione Coesione “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”.
Luigi Vollaro, Metamorfosi
Le opere di Luigi Vollaro dialogheranno con le emergenze archeologiche del sito, dando la possibilità ai visitatori di approfondire lo studio e la conoscenza delle espressioni artistiche anche attraverso visite guidate, incontri con l’artista e il curatore.
«La mostra di Luigi Vollaro - illustra Pasquale Ruocco -,  raffinato esponente della scultura, sia a livello regionale che nazionale dagli anni Sessanta ad oggi,  prevede l’installazione di una serie di opere realizzate in rame e piombo tra il 2000 e il 2015, tra le quali si segnalano Arpa, Fuochi Fatui, Metamorfosi, presentate in occasione del Padiglione Campania, allestito per la 54ª Biennale di Venezia del 2011. Al centro del percorso - continua il curatore - che si muove tra implicazioni antropologiche e riflessioni naturalistiche, la costante meditazione dell’artista sul valore della scultura, cioè sul valore tradizionale del lavoro, sulle materie, soprattutto metalli, sui processi di generazione della forma e sul suo sviluppo nello spazio, meglio nell’ambiente come possibilità data all’artista di offrirsi alla collettività, confrontandosi con i luoghi, con le sue memorie e le sue prospettive».



sabato 25 giugno 2016

LA LAMPENARIA DI SAN PIETRO, MARTEDI' 28 GIUGNO, A SCALA

Anche quest'anno l'Associazione Pro Loco Scala Costa d'Amalfi ha voluto recuperare dalla memoria collettiva, per tenerla viva, la Lampenaria di San Pietro. 
Una tradizione, che affonda le radici nella storia di Scala, vuole che la popolazione, nella vigilia della festa del santo, che si celebra nel piccolo borgo che ne porta il nome, si dedicasse a raccogliere frasche, legno ed altro per farne una enorme catasta cui su dar fuoco al calare delle tenebre e delle prime lucciole della campagna.
Era festa vera, genuina, perché semplice e povera, dove contavano i sentimenti suscitati dalla purezza delle fiamme purificatrici che univano in allegria ed amicizia una comunità coesa e tranquilla.
La preparazione era affidata ai giovani ed ai bambini, impegnati per giorni a accumulare legna nella piazzetta. Si trattava di un rito antico, addirittura millenario, ma anche di un gioco festoso che durava una settimana. La cosiddetta Lampenaria di San Pietro era altresì una occasione di richiamo per tutti gli scalesi, motivo d’incontro, di amicizia da consolidare, di discussione sulle semine nei campi e di speranza per i futuri raccolti.
Un rito che si ripete ora, ovviamente in chiave rievocativa, cercando di riproporne l'atmosfera originaria.
L’appuntamento è per martedì 28 giugno alle ore 21,00.

venerdì 24 giugno 2016

DOMENICA 26 GIUGNO, A MINORI, SARA' SCOPERTA UNA LAPIDE IN RICORDO DEL PITTORE PAOLO SIGNORINO

La sorella dell’artista, Anna, mi segnala che domenica 26 giugno, nella Chiesa dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, a Minori, dopo la celebrazione di una messa in suffragio, sarà scoperta una lapide marmorea “in memoria di Paolo Signorino - morto nel marzo del 2015 a settantanove anni - e a ricordo delle opere da lui consegnate alle generazioni future”.
Non so se potrò andarci, sono in preda a un mal di schiena che non mi dà tregua.
Plaudo comunque all’iniziativa di rendere omaggio a un pittore che ha avuto per lungo tempo 
un rapporto molto stretto con la cittadina della Costiera e vi ha lasciato testimonianze significative della sua presenza e del suo lavoro, documentate in particolare dai preziosi dipinti realizzati per l’Arciconfraternita del SS. Sacramento.

L'USCITA DALLA U.E. DEL REGNO UNITO SEGNA IL FALLIMENTO DELL'EUROPA DEI TECNOCRATI. BISOGNERA' RIPARTIRE DA NUOVE BASI PER CREARE UNA COMUNITA' DI EGUALI, CAPACE DI RISPONDERE ALLE ATTESE DEI POPOLI DEL CONTINENTE


Stanotte, dopo aver fatto zapping tra La 7 (Enrico Mentana) e Rai 1 (Porta a porta di Bruno Vespa), me ne sono andato a dormire quando i primi exit poll,  relativi al referendum nel Regno Unito,  attribuivano il 52% al Remain, alla permanenza della Gran Bretagna nella UE. Sono riuscito pure ad ascoltare le dichiarazioni del primo ministro David Cameron, soddisfatto, e di Nigel Farange, che appariva deluso. Stamattina, al risveglio, ho scoperto dal televideo che le cose erano andate all'incontrario. Il voto ha sancito il Brexit, cioè l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. 
Con questo atto democratico, di grande significato politico, l'Europa dei tecnocrati, l'Europa governata dalla finanza, è giunta al fallimento. 
De Gasperi, Adenauer, Spinelli, Monnet, Spaak, Schuman si stanno rivoltando nella tomba. Il loro sogno di creare un'Europa unita, forte, solidale, capace di fare da contraltare alle due potenze mondiali - l'Usa e, allora, l'Urss - si è trasformato in una catastrofe.

Ora occorrerà ripartire da zero, ridiscutere tutto, su nuove basi, per creare una vera Unione, soprattutto politica, non solo economico-monetaria. Una comunità di uguali, non a conduzione germanico-francese. Un'Europa, soprattutto, che sia in grado di rispondere ai bisogni e alle attese dei popoli del continente. Sotto questo aspetto la lezione che ci giunge dall'Oltremanica può essere salutare. Sempre che non susciti una reazione a catena.

giovedì 23 giugno 2016

TRADIZIONI, RITI, SUPERSTIZIONI NEL GIORNO IN CUI LA CHIESA FESTEGGIA SAN GIOVANNI BATTISTA

La festa religiosa di San Giovanni Battista  si fonde – e si confonde – con tradizioni, incantesimi, superstizioni, pratiche esoteriche. Non so dire perché. Non mi ci sono applicato. Forse perché capita in un giorno particolare del calendario, il 24 giugno, subito dopo il solstizio d’estate.  
Penso che sia la solennità in cui maggiormente sopravvivono credenze pagane legate al ciclo della natura. Pochi forse ne hanno memoria. A cominciare da quella, tramandata fino a noi, secondo la quale nella notte tra il 23 e il 24 scenderebbe a mare, dal cielo, una trave di fuoco per riscaldarne l’acqua. Quando ero bambino, bisognava aspettare che ciò accadesse prima di cominciare i bagni. Ma, se il tempo si mantiene plumbeo come è in questo momento – le nove del mattino della vigilia , altro che trave ‘e fuoco. Rischierebbe ‘e piglià nu purpetiello – cioè di bagnarsi – prima di giungere a destinazione.
La strega di Biancaneve, film della Walt Disney (1937)
Poi c’era il rito del piombo, che veniva posto in un pentolino e messo a sciogliere sul fuoco. Dopo di che lo si riversava in un secchio d’acqua lasciandolo lì fino al raffreddamento.  Ne venivano fuori strane forme alle quali si cercava di dare un significato, ricavandone addirittura oroscopi per il futuro. Ci ho provato io pure, qualche volta, negli anni dell’adolescenza.
Ancora. Nella notte di San Giovanni  si raccoglievano (e si raccolgono) le noci, acerbe, da mettere a macerare nell’alcol per la produzione domestica del nocillo.
E lascio stare il sabba delle janare sotto il maestoso noce di Benevento. Sembra che anche quelle di Conca dei Marini ci andassero, volando a cavalcioni sul manico di una scopa.
© Sigismondo Nastri


martedì 21 giugno 2016

VIRGINIA RAGGI, NUOVO SINDACO DI ROMA, VUOL FAR PAGARE L'IMU ALLA CHIESA. E C'E' CHI GRIDA ALLO SCANDALO

Non so se la notizia, letta su Facebook (ma riferita a un'intervista a Repubblica, che m'è sfuggita), è vera oppure si tratta di una bufala.  La do, quindi, col condizionale.
Virginia Raggi, appena eletta sindaco di Roma, avrebbe dichiarato di voler far pagare l'Imu alla Chiesa per strutture utilizzate a scopo commerciale.
Sempre su Facebook vedo che qualcuno già comincia a gridare allo scandalo.
Io, da cattolico osservante e (ritengo) devoto, penso che non sia "peccato"  - anche in questo caso - richiamarsi all'insegnamento di Gesù Cristo: Dare a Dio quel che è di Dio, ma anche a Cesare quel che è di Cesare.
Se ricordo bene,  Papa Francesco si è espresso in questi termini, almeno in una circostanza (un'intervista alla radio portoghese Renascencia): "Un collegio religioso - ha sottolineato -, essendo religioso, è esente dalle tasse, ma se lavora come albergo è giusto che paghi le imposte".

Vale anche per case, negozi, ecc. O no?

"LA FESTA DI AMALFI". GIUSEPPE GARGANO, DIRETTORE SCIENTIFICO DELLA REGATA DELLE ANTICHE REPUBBLICHE MARINARE, "RACCONTA" LA MANIFESTAZIONE SVOLTASI AD AMALFI IL 12 GIUGNO SCORSO

Sono grato all'amico professore Giuseppe Gargano, storico medievalista, scrittore, saggista, direttore scientifico della 61ª edizione della Regata delle Antiche Repubbliche Marinare, che ha voluto affidare a questo mio spazio un suo articolo, nel quale riassume in maniera egregia - poetica nel tratteggiarne l'atmosfera, rigorosa per quanto riguarda il valore di "memoria" di antichi fasti - la manifestazione svoltasi con grande successo domenica 12 giugno ad Amalfi.

I rintocchi regolari dell'orologio della cattedrale e il melodioso suono della banda nel rigore del suo ordine serioso annunciano che è festa, è festa ad Amalfi.
Il cielo è troncato come un emblema araldico da una linea non netta ma frastagliata ed evanescente, che segna due climi opposti: a settentrione della demarcazione grigio plumbeo e nebbioso, anticipatore di possibile prossima pioggia; a meridione un velato celeste, auspicio di un'ottimistica affermazione del buon tempo.
Si prega nelle bianche case di Amalfi, al di sotto di crociere archiacute, nei vicoli ombrosi e freschi, nelle chiese ove s'appresta la messa domenicale: si scongiura il tempo cattivo, s'implora l'Apostolo Andrea per la vittoria di Amalfi.
E' aria di regata nel clima incerto della stagione; è aria di storia nella visione cromatica e trasparente degli spiriti del passato, dolci nella memoria di un immaginario collettivo sempre pronto a rivivere gesta e imprese.
E' mezzogiorno, l'ora in cui tra piazze, campi, strettole della città si diffonde il fragrante profumo del cibo della tradizione, fortemente segnato dai pesci del mare piscosum, immersi in antiche salse di limone, di olio, di prezzemolo o affogati nel mare rosso del pomodoro postcolombiano.
Nel cassero di prora della nave scuola “Francesco Cini” della Finanza, antico corpo di lontana origine sabauda, intanto si scambiano doni. La voce del comandante ripercorre le missioni nei mari umanitarie e di custodia della patria. Una voce racconta le origini religiose e marinare della croce ottagona, l'istituzione del beato Gerardo Sasso di Scala, le gloriose imprese delle galee gerosolimitane e giovannite, poi di Rodi e quindi di Malta, a difesa della cristianità nel nome della tuitio fidei e dell'obsequium pauperum.
E giunge alfine l'ora meridiana: dalla torre di S. Francesco si odono rulli di tamburi e squilli di trombe, mentre appaiono acrobatici gli sbandieratori della città della Cava nel ricordo del coraggio di cavesi e tramontani che il 7 luglio 1460 condussero in salvo re Ferrante d'Aragona dopo la disfatta del Sarno. Nella rievocazione di Cava e di Tramonti ogni anno si rinnovano la riscossa aragonese, il privilegio offerto agli abitanti tramontani, l'affermazione dei condottieri Antonio Todeschini Piccolomini e Giorgio Castriota Eskanderbegh, il primo pronto a ricevere in feudo il ducato di Amalfi quale dote di sua moglie Maria d'Aragona, mentre il nipote omonimo del secondo si sarebbe trasferito nella città marinara allo scorrere di quel secolo.
Appare sulla strada a picco sul mare il gonfalone della Serenissima con l'iscrizione evangelica Pax tibe, Marce, Evangelista meus, dono del pontefice Alessandro III nel 1171 per la mediazione svolta da Venezia a seguito del conflitto tra l'imperatore Federico Barbarossa e i Comuni: è l'inizio dei cortei delle quattro repubbliche del mare. Seguono i senatori componenti il consiglio dei dieci di un'oligarchia millenaria. Il doge sotto l'umbrella con il corno del suo potere e con il suo sorriso da vecchio sornione anticipa episodi politici destinati ad essere vergati nel grande libro della Storia. Si respira aria di Quattrocento marciano e mediterraneo, l'apogeo di Venezia, suggerita dagli ambasciatori orientali. Caterina Cornaro, sostenuta sulla portantina dai mori, è pronta, suo malgrado, prima di ritirarsi negli ozi umanistici di Asolo, a consegnare l'isola di Cipro al doge, pedina di un gioco politico che l'illuse come austera regina. Il capitano da mar, ammiraglio della flotta che difese eroicamente Famagosta e che vinse a Lepanto, riecheggia il nome glorioso di Francesco Morosini.
Le squillanti trombe dal ritmo toscano annunciano l'arrivo del corteo di Pisa. La croce pomettata in campo rosso prova i rapporti con Bisanzio degli inizi del XII secolo, quando, mercè gli amalfitani, sul Corno d'Oro i pisani ebbero la loro colonia. Il sergente coi suoi fanti, al secolo Stefano Gianfaldoni, che da bambino pescava dal molo di Amalfi, fa rivivere l'assalto orgogliosamente respinto a Ravello e a Scala nel 1135. Si ripercorrono poi come in un film le fasi salienti del comune marinaro di Pisa: consoli e priori, podestà (per decenni interpretato dallo studioso Paolo Gianfaldoni), capitano del popolo. I marinai, guidati dal patrono e dai comiti, riportano la lancetta del tempo alle galee vittoriose della I Crociata, che consentirono all'arcivescovo Dagoberto di diventare patriarca di Gerusalemme. Kinzica, l'eroina del popolo, trionfa sul suo cavallo nella memoria del salvataggio di Pisa dall'improvviso attacco degli arabi di Spagna, spronando la sua flotta alla liberazione della Sardegna.
La rossa croce di S. Giorgio e la figura del megalomartire che infilza il drago indicano l'arrivo del corteo di Genova. I neri leoni dell'Embriaco sembrano ruggire all'avanzare sicuro di colui che per primo entrò a Gerusalemme dalla porta di Sion il 15 luglio del 1099: il Testadimaglio è fiero di mostrare la reliquia importata per la Superba, il Sacro Catino ove il Maestro e i Discepoli consumarono l'Ultima Cena. E Caffaro è pronto a scrivere le imprese del suo condottiero, santo come il guerriero che protegge Genova.
Il suono familiare delle clarine e il ritmo cadenzato dei timpani della galea ammiraglia sono gli araldi della Donna bella, vestita riccamente di bruccato, la ninfa Amalfi, leggiadra sirena che vinse l'amore di Ercole. I grandi magistrati degli anni intorno al Mille, il magnificentissimu dux Mansone I (da molti lustri interpretato da Alfredo D'Amato), referente privilegiato di Bisanzio in Occidente, suo figlio il duca Giovanni I, consoli, giudici sono la testimonianza parlante con le loro preziose fogge della città “opulenta e popolosa”, “la più prospera di Longobardìa”. Il corteo nel corteo, questa è Amalfi nella regata.
E' festa ad Amalfi, oggi come ieri: il giovane Sergio III, figlio di Giovanni I e nipote di Mansone I, sposa Maria, figlia di Pandolfo II principe di Capua e di Benevento. E' la domenica 26 aprile 1002: il giorno seguente il diciannovenne rampollo ducale sarà incoronato, nella cappella palatina del S. Salvatore de Birecto di Atrani, Dei providentia dux, assicurando la successione alla sua dinastia.
Il cielo si fa più plumbeo; nell'aria l'armata grigia travolge l'azzurra. Una pioggia fitta ammazza il mare e placa le onde. Si parte dal Capo Vettica, si studia il percorso a tavolino. L'aquila imperiale pisana prende subito il largo, annaspa sotto costa il leone di S. Marco, cercano a fatica di resistere il drago di S. Giorgio e l'alato cavallo di Amalfi. Ai 1000 metri il rosso pisano domina la competizione, ma l'agone cresce silente sull'azzurro galeone amalfitano. Ai 1500 metri dalla partenza il distacco si accorcia in modo esponenziale: dalla costa e dalle barche appostate nelle acque un coro di voci amiche incoraggia i ragazzi di Noio. La tattica di Franco dell'attacco progressivo sta dando i suoi frutti come quattro anni or sono. Alla punta del molo foraneo la partita è tra Pisa e Amalfi: il becco dell'aquila rapace è in linea con lo zoccolo del cavallo della magna grecità. Torna il triste ricordo del 1968, quando Amalfi in testa in acqua 4 perse la gara, poiché il timoniere aprì il timone verso il largo. “Ora tocca al timoniere”, qualcuno afferma ai microfoni della RAI. Lo spettro del passato è, comunque, dileguato; il piccolo uomo di Castellammare sa il fatto suo: governa leggermente il timone verso l'interno e l'armo azzurro, spinto da frenetiche palate di giovani gagliardi e dalla fronte immensa, taglia da solo il traguardo. Colui che fu “il ragazzo al banco sei” nel 1997 ora è il vegliardo senza tempo alla lacca 2: a lui in particolar modo è dedicata la vittoria, mentre a Pierino Florio il libellus commemorativo della LXI Regata.
Altri giovani liceali e del corso turistico, tra cui speranze e promesse dei gozzi, s'impegnano con seria applicazione agli infopoints, guidati dai loro insegnanti, per informare gli ospiti sulla Regata e fornire notizie sulla storia di Amalfi, ponendo in essere un progetto fortemente voluto dalla loro preside Solange Hutter.
Pianti di gioia, sorrisi, abbracci, grida di giubilo commuovono l'aria e fanno dileguare la pioggia.
Qualcuno proclama alla nazione, all'Europa e al Mediterraneo la grandezza delle città del mare, che illuminarono il Medioevo con una luce di civiltà e di progresso, auspicando una seria valorizzazione della cultura dalle Alpi a Pantelleria, per offrire alla gioventù italiana un futuro di riscatto e di rivoluzione ideologica improntata sulla tradizione delle conquiste sociali, politiche ed economiche che segnarono l'apogeo delle repubbliche marinare d'Italia.

Fuochi e colori s'intrecciano nel mare amalfitano: la festa di Amalfi continua!
Giuseppe Gargano
Direttore scientifico della Regata
delle Antiche Repubbliche Marinare

MAIORI. VENERDI' SERA, CONCERTO ALL'ABBAZIA DI SANTA MARIA DE' OLEARIA


Chiedo scusa. Preso in questi giorni da altre occupazioni, non ultimo un controllo cui dovrò sottopormi domani presso l'ospedale di Nocera Inferiore, ho trascurato l'invito pervenutomi dal Comune di Maiori per il concerto di venerdì sera, 24 giugno, nell'Abbazia di Santa Maria de' Olearia.
Ringrazio della gentile telefonata fattami poco fa. 
Conto senz'altro di esserci (salvo imprevisti..., ma sto già facendo scongiuri!).
Vedo con piacere che il Comune di Maiori, come io avevo auspicato, sta puntando molto sulla valorizzazione di questo monumento,  il più importante che esista sul proprio territorio. Poco conosciuto perché ubicato lungo la statale 163, in un posto dove è difficile fermarsi con l'auto. 
L'istituzione di una navetta per arrivarci potrà consentire a turisti e villeggianti di ammirarne l'architettura e gli splendidi dipinti, risalenti all'XI secolo.
Il concerto di venerdì sera, alle ore 20.00, è tenuto da un trio composto da Raffaele Mallozzi (viola), Carlo Tamponi (flauto), Gianluigi Giglio (chitarra).

venerdì 17 giugno 2016

PER UN MUSEO DELLE TRADIZIONI DELLA COSTA D'AMALFI


Sono grato a Gennaro Falcone che, da Tramonti, mi ha mandato questo ritaglio di giornale: il Roma di martedì 27 luglio 1976. Mostra uno degli aspetti che resero grande quella manifestazione, Amalfi by-night: la riscoperta e la valorizzazione, in chiave turistica, dell'artigianato tipico della Costa d'Amalfi.
In questo caso, è raffigurato il maestro cestaio Giuseppe Falcone, padre di Gennaro. Un mestiere che credo (
spero di essere smentito) sia scomparso con lui. Uno dei tanti mestieri che venivano esercitati sul territorio, ormai estinti, di cui bisognerebbe conservare memoria.
Rilancio, perciò, l'idea di realizzare il Museo della Costa d'Amalfi: museo etnografico-antropologico, delle tradizioni, dei mestieri, degli usi e costumi, ecc. ecc.
Mi auguro che qualche amministrazione comunale lungimirante raccolga la proposta. 
Sono disposto a collaborare.

giovedì 16 giugno 2016

SOTTOSCRITTO IN BRASILE IL GEMELLAGGIO TRA SÃO LUIS E TRAMONTI. AVVIATO UN PROGETTO DI PARTNERSHIP IN GRADO DI FAVORIRE IL TURISMO E LO SCAMBIO DI PRODOTTI TIPICI

Il Comune di Tramonti ha sottoscritto, un accordo di Cooperazione Internazionale, attraverso un  gemellaggio, con São Luís, città localizzata nel nord est del Brasile, capitale dello stato del Maranhão, caratterizzata da una forte vocazione turistica e artigianale. Dichiarata dall'Unesco, nel 1997, come la Costiera Amalfitana, Patrimoniodell’umanità.
Ci si propone di realizzare uno scambio di esperienze su aspetti che riguardano il modello di gestione turistico e ambientale con lo scopo di rafforzare l´economia locale. La cerimonia ha avuto luogo mercoledì 18 maggio nel palazzo del Municipio “La Ravardière” ed ha visto la presenza del segretario di Governo, Lula Fylho – che ha rappresentato il sindaco Edivaldo Holanda Junior –, dell´assessore ai rapporti istituzionali, Ana Paula Rodrigues, e del delegato del Comune di Tramonti e rappresentante della colonia italiana a São Luís, l´ingegnere Francesco Cerrato. che ha portato i saluti del sindaco Antonio Giordano, di tutta la Giunta Comunale e del consulente esperto del Settore Ambiente ingegnere Nicola Giuseppe Giordano, trasmettendo il sentimento di entusiasmo di tutta la popolazione di Tramonti.
Lo scambio di esperienze e gli accordi su progetti concreti che firmeremo saranno molto produttivi per il rafforzamento delle relazioni tra i governi dei municipi di São Luís e Tramonti, soprattutto per quanto riguarda l´investimento economico e lo sviluppo sociale della nostra città”, ha affermato il sindaco Edivaldo.
É un onore per noi abitanti di São Luís, firmare questo accordo di gemellaggio con Tramonti, per potenziare il turismo, la cultura ed altre attività di interesse reciproco - ha sottolineato Lula Fylho - . Esiste una affinità molto grande tra le due città che sarà rafforzata attraverso lo scambio di esperienze in vari settori. Iniziamo a piantare i semi e coglieremo i frutti.
I principali vantaggi che possono nascere da questo progetto di partnership  - dichiara Vincenzo Savino, assessore al turismo e all´ambiente del Comune di Tramonti - riguardano lo scambio di prodotti tipici, artigianato, enogastronomia, turismo, gestione ambientale, marketing e visibilità a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale. In tal senso, le due città gemellate avranno molte esperienze sulle quali confrontarsi”.
Il consiglio comunale, nella seduta del 27 aprile scorso, all’unanimità, con deliberazione n. 18, si è dimostrato favorevole a un’iniziativa di tale portata: una delegazione della città brasiliana, infatti, sarà in Costiera Amalfitana nella prima decade di agosto, per studiare il modello Tramonti nell’ambiente, nell’enogastronomia e nel turismo alternativo e per programmare interventi da poter attuare nelle realtà del Sud America.


martedì 14 giugno 2016

IL SOGNO D'UNA NOTTE: PROTETTORE DELLE BOLLE DI SAPONE

Ho fatto uno strano sogno, cerco di raccontarlo qui.
Premetto che non mi ritengo un buon cristiano, penso di andare a finire nell'inferno o forse, per la misericordia di Dio, in un lungo purgatorio. Questa convinzione rende ancora più indecifrabile il sogno, suggestivo sotto altri aspetti.

Adriano Paolelli, "Momenti felici"
olio su tela, cm. 50x70
Ero morto e, udite, udite, catapultato direttamente in paradiso. Addirittura stavo per essere proclamato beato (o santo, non l'ho capito), con un mandato ben preciso: protettore delle bolle di sapone (meglio, di coloro che amano giocare a far bolle). Niente di strano, è l mio hobby da sempre, l'ho scritto e riscritto: "Gioco a far bolle che mi ruba il vento...". Mi piace.


LE BOLLE DI SAPONE
Sul balcone stamane al sesto piano 
- era l’alba, il sole appena sorto 
tra l’ammasso di case a Mercatello,
azzurro il cielo e trasparente il mare
che da Licosa arriva a Capo d’orso -
son tornato a soffiar bolle di sapone.
Eteree scintillavano nell’aria,
tante le bolle da sembrar farfalle.
Ne ho visto entrar persino nelle case,
volare sopra i tetti e le terrazze.
E ho visto una signora impressionata:
“Questo è pazzo - avrà detto -. Poveretto!”.
© Sigismondo Nastri (da: Il pensiero e le parole)

La cerimonia era in corso, come avviene quasi sempre, nella cornice maestosa di piazza San Pietro.
Io la osservavo, compiaciuto, dal cielo. 
Mi sono turbato quando è stato esposto al balcone della basilica la mia immagine, avvolta da una miriade di bolle. E di là, dalla sommità di una nuvola, ho lanciato un grido: "Ma come, Adriano s'è scurdato 'e me fà l'aureola! ".  Tra i sogni e la realtà quotidiana sicuramente c'è un nesso. Dico questo perché a un bravissimo pittore, il maestro Adriano Paolelli, caro amico, è venuta proprio nei giorni scorsi l'idea di realizzare un dipinto nel quale mi ha ritratto "immerso" in una moltitudine di bolle di sapone. Pensavo all'aureola, che non m'era stata posta sul capo, quando mi sono svegliato, ritrovandomi vivo, e per giunta sereno, addirittura felice, nel letto.
14.6.2016

domenica 12 giugno 2016

IL GALEONE AZZURRO

    Scivola sull’acqua
    da sembrare torpedine
    il galeone azzurro
    per la forza dei remi 
    di otto piccoli eroi
    - come la croce ottagona
    della nostra bandiera -
    alla voce del piccolo
    uomo al timone
    comando preghiera
    incitamento ritmo
    Scivola sull’acqua
    sempre più veloce
    il galeone azzurro
    seminando nel solco
    Pisa Genova Venezia
    in festoso tripudio.



    Vince l'amalfitanità
    che portiamo nel cuore.                                                                                                                         © Sigismondo Nastri








‘A VARCA CELESTE

Sciùlia ncopp’ a ll’acqua,                             

tanto ca pare nu siluro,
‘a varca celeste,

vuttata co’ ‘a forza d’ ‘e vracce
‘e otto giuvene furzute
– otto, comme ‘e pónte d’ ‘a croce
d’ ‘a bannèra nosta -
e co’ ‘a voce ‘e n’ommo piccerillo
ca mantene ‘o temmóne
e cummanna, preja,
‘ncuraggia e dètta ‘o tiempo.
Sciùlia ncopp’ a ll’acqua
sempe cchiù sverta
‘a varca celeste
semmenanno int’ ‘o surco
Pisa, Genuva, Venezia,
‘ntramente ‘a ggente fa festa.
Vénce ‘a ‘marfitanità
ca tenimmo int’ ‘o core.


© Sigismondo Nastri12.6.2016                                                                                                            

mercoledì 8 giugno 2016

LA PROCESSIONE CHE RENDE OMAGGIO AL BOSS: E' ACCADUTO DOMENICA A SAN PAOLO BEL SITO, IN PROVINCIA DI NAPOLI. LA REAZIONE DEL VESCOVO DI NOLA


La notizia, letta sui quotidiani e i siti web, è sconvolgente.

"La Madonna si 'inchina' davanti alla villa di una famiglia legata alla camorra e il prete diserta la processione. E’ quanto accaduto domenica scorsa a San Paolo Bel Sito, comune in provincia di Napoli. Si celebrava la festa della Madonna del Rosario e, durante il corteo con la statua della Vergine portata in spalla dai fedeli, la Madonna si è fermata proprio davanti alla casa del boss. Un gesto che ha scosso il sacerdote Don Fernando Russo, che ha così abbandonato la processione togliendosi tonaca e stola."
Non è la prima volta che capita un episodio del genere. Temo che non sarà neppure l'ultima. E ancor più temo che non tutti i sacerdoti, in situazioni analoghe, avranno il coraggio di don Fernando Russo. Per pusillanimità, assuefazione, magari per convenienza. Renatino De Pedis, boss della banda della Magliana, non per caso o per errore fu sepolto nella cripta della basilica di Sant'Apollinare a Roma.
Io auspico una Chiesa che dia valore alla sostanza più che alla forma. Una Chiesa capace di portare avanti con coraggio e chiarezza di linguaggio il messaggio di Cristo, morto (risorto e asceso al Cielo) per la salvezza dell'umanità: "Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura." (Marco 16:15). 
Una chiesa missionaria, "purificata", non avida di potere e di ricchezze, modello in cui specchiarsi, capace di calarsi nella realtà del nostro tempo. Papa Francesco si sta adoperando in tal senso, ma le sue parole, i suoi appelli - questo il commento sentito ieri da un credente - "non superano il colonnato di san Pietro". Fanno presa magari sul popolo di Dio, che lo osanna, meno sui ministri di culto. Le feste, le processioni - anche certe celebrazioni liturgiche, oso dire, artatamente spettacolarizzate -, come sono intese oggi, non mi sembrano manifestazioni di fede. Attengono al folclore, a una tradizione ormai obsoleta. E a volte precipitano addirittura nella idolatria (con tutto il rispetto e la devozione per i santi rappresentati nelle statue), Poi capita - non da noi, meno male! - che si verifichino i cosiddetti "inchini" a personaggi certamente non commendevoli. Come quello di domenica scorsa a San Paolo Bel Sito. 
La dura presa di posizione del vescovo di Nola, Mons.Beniamino Depalma, mi trova pienamente d'accordo. Gli esprimo solidarietà - la stessa che va a don Fernando Russo - e gli confermo la mia devozione, il mio affetto filiale. Nella lettera scritta al parroco, determinato e coraggioso nell'abbandonare il corteo processionale, il presule parla di «una scelta giusta»E aggiunge: «Lo abbiamo confermato come chiesa locale anche durante i recenti lavori del Sinodo diocesano: la doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può infatti tradursi in pigra e interessata connivenza, "ne risentirebbero la chiarezza della fede, di cui la Chiesa è debitrice al mondo, e la trasparente testimonianza della comunità parrocchiale"(Cfr. Instrumentum Laboris. Traccia di lavoro per il sinodo diocesano)». 
Spero che il messaggio, autorevole e ispirato, di Mons. Depalma non resti una "vox clamantis in deserto", ma trovi ascolto, e faccia proseliti, anche oltre i confini della diocesi di Nola. Lo spero!

giovedì 2 giugno 2016

VIVA LA REPUBBLICA!

Strana coincidenza: la ricorrenza del 70° anniversario della Fondazione della Repubblica e il ritrovamento, sul web, della documentazione relativa alla selezione "pubblica" per il conferimento di un assegno di ricerca. Roba di quattro anni fa. 
Tre i concorrenti. Due uomini e una donna, alla quale fu riconosciuto questo punteggio: titoli accademici, 20/20; scientifici, 15/20; precedenti esperienze di ricerca, 6/10. Mica male!
Ammessa, perciò, al colloquio, insieme a un altro candidato. Risulta dagli atti. Senza, però, che ne ricevesse notizia. E, soprattutto, che le fosse recapitato avviso di convocazione per il colloquio.
Da un verbale risulta "assente", quindi "rinunciataria". S'è saputo ora, per caso, su internet.
Viva la Repubblica!