“La torcida argentina” di Eduardo Manzur, lo scrittore argentino che sabato scorso è
stato ospite del
Castello di Arechi a Salerno, nell’ambito di una straordinaria
serata di tango e milunga, organizzata da Maria Longo, dev’essere sicuramente
un testo scomodo. Io non l'ho letto, me ne rendo conto dal frammento interpretato dalla compagnia teatrale “I Murattori” di Positano, nella
interpretazione di due mostri di bravura, Gian Maria Talamo e Enzo De Lucia, quest’ultimo nel ruolo di
un intrigante pappagallo.
Ecco uno stralcio del dialogo che, pure se riguarda la nazione sudamericana,
può essere ben applicato al nostro paese: “L'Argentina? Io penso a me! oramai con la
globalizzazione, questo paese non esiste più. Hai capito? L'argentina non
esiste. L'unico paese che esiste sul pianeta sono gli stati Uniti d'America.
E sai perché hanno globalizzato tutto? Perché questo impero ha poco tempo di
vita, e globalizzando fanno sì che se cadono loro, cadiamo tutti. Tu pensi che
io sia uno stupido? No, caro mio, no! La disoccupazione in questo paese è un'arma politica. Guarda la scena. I politici per arrivare al potere ti promettono
di abbassare l'indice di disoccupazione, poi una volta arrivati al governo dimenticano... molto velocemente le loro promesse.”
Serata di incontri, ascolti, sorrisi, parole, silenzi, gesti, sguardi, abbracci, note: così l’ha definita Maria Longo. Ed è vero. Il Castello di Arechi |
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Nella foto di Massimo Capodanno, tratta dal suo blog Positano my life: (da sin.): Lorena Manzur, Eduardo Manzur, Sigismondo Nastri, Tomas Avendano Manzur |
Eduardo Manzur con Sigismondo Nastri (foto di Massimo Capodanno tratta dal blog Positano my life) |
Dico subito che mi
sono divertito, molto: ad assistere a uno splendido tango di Adriano Mauriello e Flor Beltramo
– musica, passione, energia, coinvolgimento -, che ha acuito in me il rammarico
di non aver mai imparato a ballare; poi ad ascoltare, incantato, l’intervista appassionata fatta
a Eduardo Manzur dalla figlia Lorena; e, scusate l'immodestia, a leggere le cinque poesie tratte dalla
raccolta “Palabras y algo más”, che ero riuscito a tradurre, dallo spagnolo, addirittura in napoletano. Credo proprio di essermela cavata bene. Bravo il giovanissimo Tomas Avendano Manzur, che le ha lette in italiano. Il nonno, Eduardo, con quello sguardo penetrante, in un volto da vecchio santone, m’è parso assai soddisfatto.
C'è stato anche un simpatico momento gastronomico: l'assaggio di squisite empanadas: fagottini di pasta ripieni di carne di manzo tritata, cipolla e altri ingredienti, tipici dell'America latina.
Non se la prenderà l'amico Massimo Capobianco, fotoreporter di lungo corso, se "rubo" dal suo blog, Positano my life, alcune foto della serata.
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