domenica 6 settembre 2015

PERCHÉ, A MIO AVVISO, LA PUBBLICAZIONE DELLA FOTO DEL PICCOLO AYLAN NON É "INFORMAZIONE DA BOVINI"

Il professore Alessandro Meluzzi, autorevole psichiatra, psicologo, uomo di Chiesa (è diacono), tra le tante cose giuste dette in una lunga intervista che ho letto su Facebook, ha dichiarato che, pubblicando la foto del piccolo siriano, Aylan, morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, mentre rincorreva, con la sua famiglia, il sogno di un futuro meno angosciante e insicuro, s'è fatto informazione da bovini. “Il problema - ha detto - è questa strategia dell’informazione. Un modo efficace di sparare nel branco come facevano i cow-boy con i bovini: se vuoi far spostare la mandria a sinistra spara a destra, viceversa, per spostare la mandria a destra spara a sinistra. Questa pendolarità dell’informazione è quello a cui si sta assistendo in questi giorni".
Da giornalista di periferia, e senza mancargli di rispetto, dichiaro a voce alta che non sono d'accordo. Chi opera nel mondo della comunicazione ha il dovere d'informare, correttamente, ma compiutamente. Mi si potrà obiettare che c'è un problema di deontologia, che va tutelata la dignità della persona. Resta il fatto che i più importanti organi di stampa, in Italia e all'estero, magari dopo un serrato confronto all'interno delle redazioni, hanno scelto di pubblicare l'immagine di quel corpicino riverso sul bagnasciuga o quella del vigile del fuoco che lo tiene teneramente in braccio.

E' che ci sono molti che non vogliono vedere, e neppure parlare, né sentire, come le famose tre scimmie. Capisco  che quelle foto sono come due pugni sferrati alle tempie. Sconvolgono, turbano,  stordiscono, poi mettono tanta rabbia. Come l'altra, di un bimbo palestinese, ammazzato dagli israeliani, che pure ho condiviso sul mio profilo Fb. 

Su quelle immagini - e su quelle dei migranti inghiottiti dal mare nell'immondo traffico di esseri umani tra Africa ed Europa,  su quelle (che qualcuno ha pubblicato e che girano su Internet) dei decapitati dell'Isis, delle vittime di atroci violenze fisiche e morali  - tutti dobbiamo fare un approfondito esame di coscienza. E vergognarci.
Sono sincero: se le foto dei due bambini morti mi feriscono nell'animo, trovo ripugnanti quelle giunte da Praga, dove i migranti sono marchiati con un pennarello. Mi ricordano tanto l' Olocausto. E quelle dell'Ungheria, dove s'è costruito in tempo record un muro anti-immigrati alto quattro metri, rinforzato col filo spinato. E' questa l'Europa che sognavamo?

I bambini non hanno nazionalità, sono bambini e basta. Potrebbero essere figli nostri. Andrebbero difesi e tutelati anche in tempo di guerra e di barbarie.
Io temo - questo, sì - che, sdraiati nei salotti, attratti da una tv che mira a fare audience (per acquisire sempre più pubblicità) attraverso l'amplificazione di squallidi quanto atroci episodi di cronaca nera, finiamo con l'assuefarci alla violenza,  a ogni forma di violenza. Anche a quelle più estreme. In una società, la nostra, che è già essa stessa violenta. E quindi finiamo con l'accettare che i bambini diventino vittime sacrificali, in un mondo che tende sempre più a dividersi tra ricchi  e poveri, tra persecutori e perseguitati, tra oppressori e oppressi.  
Il brano della lettera di San Giacomo Apostolo, letto nella messa di oggi, ammonisce: "Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: Tu siediti qui, comodamente, e al povero dite: Tu mettiti là, in piedi, oppure: Siediti qui ai piedi del mio sgabello, non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?". E pensare che, anche da noi, c'è chi insiste per i respingimenti dei migranti...
Il bimbo Aylan e il piccolo palestinese sono i simboli di tutti i poveri, di tutti i perseguitati, di tutti gli oppressi del mondo.

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