Cento anni fa – l’11 marzo del 1915 - nasceva Gaetano
Afeltra, “il più grande degli amalfitani” come lo definii nel dedicargli la poesia
“P’ ‘e vicule d’Amalfi” che mi valse una
medaglia d’oro in un concorso promosso dal Lions Duomo della metropoli lombarda
e un bel telegramma da lui, che ho tra le cose più care (“Ricevo molti
complimenti per la poesia che mi hai dedicata…”).
Don Gaetano, come lo chiamavamo
noi, che gli eravamo affezionati (io, Gigino De Stefano, Umberto Belpedio,
Camillo Marino… per citare solo qualcuno), se n’è andato il 9 ottobre 2005 e
Amalfi, in quasi dieci anni, non è riuscita a intitolargli il breve tratto di
via, dov’egli veniva a trascorrere i periodi di vacanza, che collega piazza
Duomo con piazza dei Dogi, e nemmeno a cogliere la disponibilità della figlia
Maddalena a trasferire qui la sua immensa biblioteca. Peccato!
Gaetano Afeltra è considerato, a buon diritto, uno dei maestri del giornalismo italiano. In una scheda biografica leggo: "Ha guidato e rinnovato giornali, ha scoperto, stimolato, lanciato firme illustri. La sua grande passione è stata soprattutto 'fare' un giornale dove notizia, prosa, titolo, impaginazione si fondono per dare ai lettori un'informazione completa". Per rendersene conto, basterebbe sfogliare - ancora oggi, a distanza di mezzo secolo e più - una copia del Corriere d'Informazione, l'edizione del pomeriggio del Corriere della sera, che, affidata a lui, si trasformò in un giornale "informativo, sensazionale, elegante", attento ai fatti del costume e alla cultura. Una esperienza coraggiosa, unica, mai più replicata, nel panorama del giornalismo italiano. Che portò quel quotidiano alla tiratura di duecentomila copie.
Gaetano Afeltra è considerato, a buon diritto, uno dei maestri del giornalismo italiano. In una scheda biografica leggo: "Ha guidato e rinnovato giornali, ha scoperto, stimolato, lanciato firme illustri. La sua grande passione è stata soprattutto 'fare' un giornale dove notizia, prosa, titolo, impaginazione si fondono per dare ai lettori un'informazione completa". Per rendersene conto, basterebbe sfogliare - ancora oggi, a distanza di mezzo secolo e più - una copia del Corriere d'Informazione, l'edizione del pomeriggio del Corriere della sera, che, affidata a lui, si trasformò in un giornale "informativo, sensazionale, elegante", attento ai fatti del costume e alla cultura. Una esperienza coraggiosa, unica, mai più replicata, nel panorama del giornalismo italiano. Che portò quel quotidiano alla tiratura di duecentomila copie.
Gli Afeltra abitavano, allora, in via Pietro Capuano, nello stesso palazzo dove aveva casa mio nonno. Dai racconti
di mio padre sapevo tutto di Cesare Afeltra, il fratello maggiore di don Gaetano, grande
giornalista anche lui, scomparso nel 1940 (per approfondimenti, ved. il mio articolo "Cesare Afeltra, dal Giornale d'Italia al Corriere della sera", su mondosigi del 30.10.2007, e "Matteo Incagliati, Cesare Afeltra e il giornalismo ad Amalfi negli anni venti e trenta del XX secolo", la conferenza che tenni il 30.6.2006 negli antichi Arsenali di Amalfi per l'inaugurazione della mostra "1884-1946 - Dal Viv' 'o Re al boogie-woogie. La Costa d'Amalfi in bilico tra vecchio e nuovo mondo dai ricordi di Gaetano Afeltra").
Quando, negli anni cinquanta, mi feci promotore delle
onoranze a Angelo Di Salvio, un intellettuale amalfitano morto precocemente nel 1935 e poi
dimenticato, la prima adesione pervenutami fu quella di don Gaetano. Avvenne così anche nel 1999/2000, quando, da direttore
di èCostiera, lanciai un appello, raccolto pure da Indro Montanelli, per salvare i libri di Alfonso Gatto che – aveva
riferito Repubblica - la Mondadori stava per mandare al macero.
Alla morte della mamma, don Gaetano volle che andassi a casa sua, per alcuni giorni, per aiutarlo a rispondere alla montagna di messaggi di cordoglio ricevuti. I primi che mi capitarono sotto mano furono quelli del Papa e del Presidente della Repubblica (Saragat, mi pare).
Nel venticinquesimo anniversario della morte del fratello
sacerdote mi affidò il compito di organizzare una cerimonia di suffragio (ma anche rievocativa). In quell’occasione, grazie alla disponibilità
di Gigino De Stefano, Andrea Maiorino e don Andrea Colavolpe, e quella –
fondamentale - di Peppino de Luca, che si fece carico di stamparlo su
splendida carta a mano di Amatruda, pubblicammo il libretto “In memoria di
Mons. Andrea Afeltra”.
Di don Gaetano conservo, con i libri contrassegnati da
dediche affettuose, due lettere manoscritte. In una manifesta apprezzamento per una mia inchiesta, in due
puntate, sui pizzaioli della Costiera emigrati nel Pavese. “Sapevo che eri
bravo – mi dice – ma questi tuoi articoli me ne hanno dato la prova”. In un’altra
lettera va oltre: “Mi piace il tuo modo di scrivere…”. Per me valgono più di un
diploma di laurea.
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