"Scherza
coi fanti e lascia stare i santi!" recita un vecchio proverbio, che mi ripetevano spesso quando ero ragazzo,
e che è ricordato anche dal Sagrestano a Cavaradossi nel primo atto della Tosca di Giacomo Puccini. M'è tornato
insistentemente alla mente dopo la terribile mattanza a Charlie Hebdo, dichiaratamente "journal athée". Niente da obiettare, fin qui. La libertà d'espressione è sacrosanta - l'ho detto, lo ribadisco a voce alta -, ma, insisto, altrettanto sacrosanto è il rispetto dei
valori, del pensiero religioso, dei simboli che accomunano tanti esseri umani: e non importa
quale sia il loro credo. Tutto ciò che è considerato sacro e santo non deve
essere oggetto di satira.
Non m'è piaciuto ciò che ha voluto sottolineare Gérard Biard sul numero di Charlie Ebdo diffuso anche in Italia: "Ce qui nous a le plus fait rire, c'est que les cloches de Notre-Dame ont sonné en notre honneur" (Ciò che ci ha fatto più ridere è che le campane di Notre-Dame hanno suonato in nostro onore): le campane hanno suonato a lutto in memoria delle dodici vittime della strage in quella redazione. Altro che ridere!
Apprezzo invece la dichiarazione resa al Fatto quotidiano da Stefano Disegni, disegnatore satirico di primo piano e autore
televisivo: “Su papi medioevali, preti
pedofili, IOR, cardinali con attici da 700 mq ho disegnato di tutto… Ma non
disegnerei mai Cristo in modo offensivo. Quando mi ci sono avvicinato (accade a
noi atei spiritosoni) nel mio retrotesta non mi sono sentito a posto. Cristo
non è un uomo ma un simbolo… E’ giusto fino al rischio attaccare gli uomini e
le loro azioni, ma è stupido attaccare i simboli della ricerca spirituale, la
stessa di cattolici, ebrei, islamici e… atei, ognuno a suo modo a cercare
risposte, tutti spaventati dal viaggio nell’ignoto che è la vita, tutti
sperduti in questa insensata palletta”.
Anche alla luce di tutte queste considerazioni è evidente che non mi sento di accettare le caricature su Maometto e, più
ancora, perché toccano la mia sensibilità di cattolico, quelle sulla SS.
Trinità.
Una vignetta, però, non giustifica un assassinio.
Di più: non esiste niente che riesca a giustificare un assassinio o, peggio,
una carneficina.
La mia condanna dell’azione terroristica compiuta a
Parigi è totale, senza appello.
Ciò premesso, mi trovo d'accordo con Massimo Fini che, sul Fatto quotidiano del 14 gennaio, andando
ovviamente contro l'opinione più diffusa, ha scritto: "E' da più di dieci anni che siamo all'attacco del mondo islamico:
Afghanistan (2001), Iraq (2003), Somalia (2006/7), Libia (2001) e, da ultimo,
non contenti ci siamo intromessi, con bombardamenti e droni, nella battaglia
che l'Isis sta legittimamente combattendo sulle sue terre. E' da più di dieci anni
che siamo in guerra, facendo centinaia di migliaia di vittime civili in campo
altrui, ma siccome questa guerra non ci toccava, non colpiva i nostri
territori, ce ne siamo fregati". Al di là dell'azione violenta
compiuta, forse ci sarebbe da meditare,
e non poco, sulle parole consegnateci nel suo "Testamento postumo" dal terrorista Amedy Coulibaly: "Non
potete
attaccarci e pretendere che non rispondiamo. Voi e le vostre coalizioni
sganciate bombe sui civili e sui combattenti ogni giorno. Siete voi che
decidete
quello che succede sulla Terra? Sulle nostre terre?".
Oltretutto, le azioni belliche compiute dagli Usa e dagli
alleati europei nei paesi islamici hanno prodotto soltanto instabilità e maggiore
insicurezza.