Dalla gentilissima Eugenia Apicella, che al Comune di Maiori si occupa (tra le tante incombenze...) anche dell'ufficio stampa, con elevata professionalità, collaudata da tanti anni di attività svolta presso la Comunità Montana "Penisola Amalfitana" e il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello, ricevo questo comunicato, che pubblico integralmente.
Guido Gambone, Costiera |
Dopo
una messa solenne in onore dei caduti, domenica 26 ottobre sarà deposta una
corona di alloro ai piedi della lapide, posta nell’androne di Palazzo
Mezzacapo, che
ricorda le 37 persone decedute in occasione dell'alluvione di 60 anni orsono.
Sabato 25 ottobre, alle ore
18.00, presso le sale di Palazzo Mezzacapo, è
prevista l’inaugurazione dell’interessante mostra “Approdi e Naufragi”, ideata da Raffaele D’Andria e Marco Alfano e
realizzata in collaborazione con la Provincia di Salerno.
Non
v’è dubbio infatti che la Costa d’Amalfi, la complessa e stretta trama
dell’immaginario che ne segna il profilo e lo ha reso tra i territori più
fertili della mitologia moderna, sia stato fonte d’ispirazione, meta di
viaggio, “luogo” magico dove la cultura artistica europea ha affinato le sue
ragioni ed identità. È possibile dunque seguire lo sviluppo di questo
immaginario disegnando una possibile fenomenologia di “approdi e naufragi”: di esperienze, di incontri, di scoperte, ma
anche di segni, di colori, suggeriti da un territorio fertile di memorie
immaginative, che da Vietri sul Mare giunge alle assolate spiagge di Positano,
dall’antico approdo di Maiori alle ville di Ravello, e tramite il passo di
Chiunzi, si spinge fino ai territori vesuviani.
Il
tema centrale è la “formazione” (Bildung)
dello “sguardo” degli artisti di fronte al “visibile”, al
sorprendente scenario
della Costa, intendendo quest’ultimo quale intreccio inscindibile
tra i valori dell’ambiente “naturale” e quelli segnati dall’intervento
umano; “spazio”, peraltro, non
solo descritto, “narrato” nei
caratteri esteriori, piuttosto pensato, o meglio “intuito” anche
nella struttura interna, “invisibile”. L’itinerario
espositivo si apre con le tracce “moderniste” che affiorano sulla Costa già
nella prima metà del XX secolo: dalle
declinazioni postimpressioniste di Antonio Ferrigno e Luigi Paolillo,
alla “facile” rapidità coloristica di Luca
Albino, ai
paesaggi “verticali” di Manfredi Nicoletti e Guido Gambone, fino all’espressività arroventata di un Giovanni Zagoruiko; prova a rileggere la ceramica del “periodo tedesco”, con le opere di Richard Dölker e Irene
Kowaliska, riconsiderandone il debito nei confronti delle faenzere vietresi, ad altri protagonisti
quali Guido Gambone, Salvatore e Giosué Procida, Giovannino
Carrano. Il campo d’indagine si è esteso nel
considerare tangenze e coincidenze con l’arte attuale, focalizzando
l’attenzione sugli artisti operanti negli ultimi quarant’anni: dalla multiforme esperienza
creativa (è tornato a scriverne nel catalogo Pasquale Persico) di Ugo Marano - al quale non solo la mostra è dedicata, ma del cui
spirito utopico-immaginativo è profondamente intrisa - all’esperienza dei
Vasai di Cetara, dalla “divina” vasaia
Monica Amendola, scomparsa prima del
suo Maestro, a Sergio Scognamiglio;
dai maestri “storici” Enzo Caruso e Salvatore Autuori all’ “artigiano-artista” Lucio Liguori
ai più giovani Federica D’Ambrosio e
Pierfrancesco Solimene.
Guido Gambone, Costiera |
La mostra ha inteso scorgere una
continuità nelle ricerche “ambientali”, anche negli attuali intenti poetici, in
artisti di quella generazione che inizia sulla metà degli anni Settanta, come Antonio Davide e Giuseppe Rescigno, che formarono
con Marano, su
sollecitazione di Enrico Crispolti,
il Gruppo Salerno 75: una delle formazioni artistiche italiane che ebbe
maggiore fortuna a livello europeo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Riccardo Dölker, Profeta Jonas |
L’indagine ha dunque rivolto l’attenzione,
avvalendosi della rigorosa lettura di Massimo
Tartaglione, a quei territori di “transito” che dal margine
settentrionale dei Monti Lattari si precipita fino ai paesi
vesuviani, con un protagonista dell’arte italiana quale Angelo Casciello, e Raffaele
Sicignano, anche quest’ultimo formatosi sulla traccia dell’Officina di Scafati. Il percorso si è
arricchito delle opere di altri artisti
salernitani, nei quali s’intravede un più ricco confronto tra
versanti linguistici diversificati: dalla ricerca pittorica
di Lucio Afeltra e Vincenzo Ruocco alla sperimentazione grafica
di Francesca Poto e
del giovane Bonaventura Giordano, alle
fotografie di Michele Calocero e Nicola Guarini.
La coincidenza della mostra Approdi e naufragi con il 60°
anniversario dell’alluvione del ’54 ha determinato le condizioni per un
serrato dialogo che ha coinvolto il Comune di Maiori, quale committente,
curatori ed alcuni artisti, in tre progetti site-specific,
anche in vista dell’entusiasmante progetto culturale, di grande coraggio
politico, di candidare il piano nobile di Palazzo Mezzacapo quale sede di un
costituendo Museo Regionale d’Arte
Mediterranea: dalla monumentale e straordinaria “vela dipinta” da Paolo Bini nel Salone degli Affreschi
alla videoinstallazione, dal titolo Mare nostrum,
di Pier Paolo Patti, fino
all’ambiente multimediale Maelstom (Maiori 54), firmata da Pasquale
Napolitano, introdotta in catalogo da un’attenta riflessione
socio-antropologica di Maria D’Ambrosio.
La mostra si chiude con alcuni “nuovi
approdi” di alcuni artisti stranieri che hanno scelto quale proprio punto di
osservazione questo lembo meridionale d’Europa: dalle ceramiche della
finlandese Leena Lehto e
dell’iraniana Sharareh
Shimi alla ricerche socio-ambientali della
brasiliana Lìvia Moura.»
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