Ieri, Gennaro Mangieri, su Facebook, in uno spazio votato alla memoria, nato da una intelligente idea di Vincenzo Pagano - uno spazio che ripropone immagini personaggi e curiosità di "Amalfi sparita" -, ha postato questa cartolina risalente alla metà del secolo scorso, che mostra, in primissimo piano, il negozio di ceramiche di Pasquale Fusco in piazza Flavio Gioia. Negozio che, ovviamente, col passaggio da una generazione non è più lo stesso: si è rinnovato, è diventato anche gioielleria, ottimamente gestito dal figlio Angelo, amico carissimo - come Gennaro e Vincenzo - di vecchia data.
La foto. ripeto, risale ai tempi di Pasquale Fusco, il quale, ogni mattina, all'apertura, metteva pazientemente in esposizione tutto quel ben di Dio: piatti, vasi, mattonelle, ciucciarielli e oggetti vari. Molti fissati alla parete, altri - i più piccoli - adagiati in capaci ceste. Poi a sera, quando arrivava il momento di chiudere bottega, riportava tutto all'interno. E così ogni santo giorno, coadiuvato dalla moglie Giovannina Mostacciuolo, figlia del mitico "Mofone".
La cosa singolare è che, all'alba, prima di mettersi all'opera, Pasquale attraversava la piazza Flavio Gioia fino alla ringhiera che affaccia sul mare per dare uno sguardo al Capo di Conca. Lo facevano anche i pescatori prima di prendere il largo con le barche. Era questo il loro osservatorio meteorologico. Se Pasquale vedeva il ponente "imbronciato", scuro, foriero di tempesta, si risparmiava la fatica di tirar fuori la merce.
Lo ricordo gentile, intelligente, paziente, sensibile.
Una volta, io, Enzo e Angelo avevamo adocchiato tre ragazze che s'erano fermate proprio davanti a quel negozio. Pasquale dava spiegazioni e indicava i prezzi. Ci avvicinammo, proponendoci come interpreti. Era una scusa per attaccare bottone con le dolci e graziose fanciulle venute dal nord Europa. Lui capì subito le nostre intenzioni, favorì l'incontro, addirittura diede alle ragazze in regalo tre simpatici oggetti di ceramica. Grazie a lui l'abbordaggio ebbe successo.
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