Ieri pomeriggio a Maiori, nel salone degli Affreschi di
Palazzo Mezzacapo, è toccata a me la conduzione del convegno dal titolo “Per
non dimenticare” organizzato dal Comune – in particolare dal consigliere
delegato per la Cultura, Mario Piscopo – nella ricorrenza del sessantesimo
anniversario dell’alluvione che, nella notte tra il 25 e il 26 ottobre del
1954, sconvolse terribilmente questo tranquillo e laborioso paese della Costa d’Amalfi.
Ringrazio per il privilegio concessomi.
Nell’introdurre i lavori, dopo aver raccontato la
mia esperienza di giovane cronista, vissuta in quei terribili giorni, mi sono
soffermato sul tema dell'incontro.
Grazia Francescato, Sigismondo Nastri e a destra, Gioacchino Di Martino |
«Fossi
stato io a deciderne il titolo – detto - ne avrei scelto un
altro: “Perché non abbia più a
ripetersi”. Il ricordo tende col tempo a cancellarsi nel passaggio da una
generazione all’altra. Rimane tutt’al più nella memoria storica di una
comunità: documenti, fotografie, filmati, articoli di giornali. Non che non
servano: agli studiosi, ai ricercatori, agli storici. Nell’occhiello del mio
blog ho inserito una frase di Jean Paul, scrittore tedesco del settecento: “Il
ricordo è l’unico paradiso dal quale non possiamo venir cacciati”. Il ricordo
però deve servire da lezione, deve ammonire sui comportamenti individuali e
collettivi. E questo non sempre avviene.
Il reiterarsi di episodi come quello, anche se non nelle stesse
dimensioni, ci dà la conferma che la lezione non l’abbiamo imparata bene. E non
mi riferisco solo alla Costiera, e neppure alla Campania, ma all’intera
nazione. Quello che è accaduto a Genova ne è la documentazione più efficace, ma
anche la più inquietante. Ho trovato - riportata su un giornale online, Positanonews
- una dichiarazione di Alfonso Menna, che nel 1954 non era ancora sindaco di
Salerno (lo divenne due anni dopo), ma segretario comunale: “la natura aveva
potuto infierire sugli uomini anche perché gli uomini non avevano saputo
difendersi con una lungimirante politica di difesa del territorio”. Se lo avessero fatto, dopo quella calamità,
forse non ci sarebbe stata l’alluvione di Sarno e, più recentemente, quella di
Atrani, nella quale ha perso la vita la giovane Francesca Mansi. E’ evidente che dal 1954 in poi a quella enunciazione non sono seguite,
da parte dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, azioni concrete, durature,
coordinate, efficaci. Sulle macerie dell’ottobre 1954, a Maiori, e non solo
qui, radicò subito la speculazione, l’affarismo. I terreni agricoli divennero
preda di palazzinari, compromettendo un ambiente urbano che prima era da
favola. Ricordo che, negli anni
settanta, l’Europeo scelse proprio
un’immagine di Maiori per la copertina di un inserto, sotto il titolo “Il
Malpaese”. Torno alla idea iniziale: Facciamo in modo che non avvenga mai
più. Perché questo si realizzi occorre
la buona volontà, l’impegno, la cooperazione a tutti i livelli istituzionali.
Occorrono persone di buona volontà. Antonio Amato, un amico collega protagonista di
tante battaglie a favore dell’ambiente combattute su “Dossier Sud”, il
periodico di Joe Marrazzo, e poi autore del libro “Cronache di uno scempio”, ha
ricordato su Positanonews la sua esperienza: nell’alluvione perse il papà e il
nono, mai ritrovati. Quando si è colpiti da una calamità come quella del 1954 –
ha sottolineato Antonio su Positanonews - non bisogna prendersela con l’inclemenza
meteo, perché i primi inclementi irresponsabili per abulia, ignavia,
menefreghismo ecc. siamo noialtri o, meglio, coloro i quali hanno partecipato
all’orgia dell’abusivismo edilizio dell’ultimo trentennio”. Occorre, invece, mettere in pratica l’insegnamento del filosofo
Francesco Bacone: “Il dominio dell'uomo consiste solo nella conoscenza: la natura
si vince solo ubbidendole”. Amato perse nell'alluvione il papà e il nonno, mai più ritrovati. Io sono cresciuto ad Amalfi dove si viveva sempre
con l’incubo delle “sciumàre”. L’acqua del torrente Canneto superava gli argini, scorreva violenta per la strada inondando negozi e scantinati. Un sindaco attento risolse il problema
facendosi carico della sistemazione definitiva del torrente. Così, 'sciumàare' non ce ne sono state più.»
Dopo un excursus sulle calamità che hanno
colpito Maiori nel corso dei secoli, e il loro inquadramento nelle vicende
storiche della cittadina della Costa, svolto da Donato Sarno, col supporto delle immagini mandate sullo schermo da Gioacchino Di Martino, rappresentante del Wwf in Costa d'Amalfi, analisi approfondita sotto l’aspetto scientifico da Aldo Cinque, già ordinario di Geomorfologia nell’Università
Federico II di Napoli, e Giuseppe Foscari, ordinario di Storia dell’Europa nell’Università
di Salerno, autore di importanti studi sul dissesto idrogeologico nella Costiera e nella Valle
dell'Irno, è intervenuta nella discussione Grazia Francescato, giornalista e
scrittrice, esponente di primo piano dell’ambientalismo e dell’ecologismo in
Italia (è stata portavoce e presidente dei Verdi, parlamentare, leader del
Wwf).
Ulteriori importanti elementi sulla struttura geomorfologica di un territorio fragile, qual è quello della Costa d’Amalfi, e sulla difficoltà di effettuare interventi di manutenzione nei bacini torrentizi – di natura tecnica, ma anche per la scarsità di risorse economiche – sono emersi dalle conclusioni, tracciate, con l’autorevolezza che lo contraddistingue, da Edoardo Cosenza, nella duplice qualità di professore universitario di Tecnica delle costruzioni e assessore per la Protezione Civile e la Difesa del suolo della Regione Campania.
Toccanti le testimonianze portate da Clelia D'Amato Cimini (due sorelle furono vittime di quell'alluvione), e Agostino Giordano (al quale la furia del torrente Reginna sottrasse ben otto familiari). Come pure il racconto, puntuale, emozionante, dell'evento terribile che sconvolse Maiori, e la vita stessa dei suoi abitanti, fatto da Alfonso Scannapieco.
Ulteriori importanti elementi sulla struttura geomorfologica di un territorio fragile, qual è quello della Costa d’Amalfi, e sulla difficoltà di effettuare interventi di manutenzione nei bacini torrentizi – di natura tecnica, ma anche per la scarsità di risorse economiche – sono emersi dalle conclusioni, tracciate, con l’autorevolezza che lo contraddistingue, da Edoardo Cosenza, nella duplice qualità di professore universitario di Tecnica delle costruzioni e assessore per la Protezione Civile e la Difesa del suolo della Regione Campania.
Toccanti le testimonianze portate da Clelia D'Amato Cimini (due sorelle furono vittime di quell'alluvione), e Agostino Giordano (al quale la furia del torrente Reginna sottrasse ben otto familiari). Come pure il racconto, puntuale, emozionante, dell'evento terribile che sconvolse Maiori, e la vita stessa dei suoi abitanti, fatto da Alfonso Scannapieco.
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