Un messaggio improvviso su Facebook, al sorgere
dell’alba, mi ha gettato sotto gli occhi la notizia che la vicenda umana di
Enzo Colavolpe s’è chiusa questa notte all’ospedale di san Leonardo, a Salerno,
dove era stato ricoverato qualche giorno fa per un improvviso malore. Come se
non bastasse il Parkinson contro il quale stava combattendo la sua battaglia da tempo, con
coraggio, tanto da dedicargli un corposo volume, “La malattia dei grandi”. Un libro
importante, lo ha definito Bruno Silvestrini, perché descrive la malattia dal punto di vista di un paziente che è pervaso, sì, dal bisogno di capire la propria
condizione nei suoi aspetti medici e scientifici, ma vuole, soprattutto,
manifestare il proprio sentimento di fratellanza nei confronti di quanti hanno
vissuto la stessa esperienza. Enzo definisce il Parkinson “La malattia
dei grandi” in quanto tra coloro che ne sono stati colpiti vi sono personaggi di primo piano, quali Giovanni Paolo II, Hitler, Roosewelt,
Mao Tze Tung, Margaret Thatcher, Cassius Clay, fino al cardinale Carlo Maria
Martini.
Tanti anni fa, ad Amalfi: Enzo (a destra) e io, con Edwige Fenech e Luca Cordero di Montezemolo |
Negli ultimi tempi non ci sentivamo con molta frequenza, sapevo dei suoi problemi e non volevo affaticarlo, ma confrontavamo le nostre posizioni su Facebook attraverso post e commenti.
Accennavo prima all'amore infinito di Enzo per Amalfi. Aggiungo che neppure la
malattia è riuscita a scalfirlo.
Cito il “Messaggio al popolo di Amalfi” lanciato da lui nel
maggio 2010, alla vigilia di una tornata elettorale: era un invito - ahimé, disatteso - alla riflessione,
per costruire un miglior futuro alla città. Ancora attuale, esso assume ora il valore
di testamento morale e politico, al quale dovrebbe attingere chiunque volesse candidarsi alla guida della città.
Ma non si esaurisce in questo la personalità
complessa, poliedrica, scoppiettante mi verrebbe da dire, di Enzo Colavolpe. Ritengo che, se avesse fatto
l’ideatore e organizzatore di eventi - una professione diventata di moda -, anziché il funzionario di banca (con un
curriculum di tutto rispetto), avrebbe raggiunto la celebrità.
Sarebbe arrivato in Tv (dove pure qualche irruzione l'ha fatta:
memorabili i suoi commenti alle Regate delle antiche Repubbliche Marinare),
aiutato da uno scilinguagnolo dotto e elegante. Era quello che gli piaceva di più, che più di ogni altra cosa lo rendeva felice. Lo dimostrano, del resto, certe
sue “invenzioni” volte a richiamare l'interesse dei media e dei flussi
turistici verso la sua/nostra città: dalla “Sposa di Amalfi” alla “Stella di
Tabor”, tanto per citare alcune. Manifestazioni create da lui, organizzate da
lui, condotte da lui.
Vado a braccio, facendo leva sulla memoria. Enzo pubblicò nel 1984 un bel volume di poesie, "Momenti d'ansia Momenti d'amore", e, nel 2008, "I racconti del tempo". Nella seconda metà degli anni ottanta fondò e diresse "Il Corriere di Amalfi", un periodico che aveva una preziosa veste grafica e si avvaleva di prestigiose collaborazioni.
Un altro impegno portato felicemente a termine, con
la caparbietà che lo caratterizzava, “La
forza dell’unità”: un volume di oltre quattrocento pagine, riccamente
illustrato, edito in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. “La
storia – scriveva Enzo nella nota introduttiva – va necessariamente commisurata alla vita di
ciascuno e di concerto con la comunità in cui egli vive ed opera”. Premessa
fondamentale, a mio avviso, per comprendere il perché di questa improba fatica,
che gli ha imposto un meticoloso lavoro di ricerca delle fonti documentarie
ma anche, e soprattutto, di testimonianze “vive”, indirizzate a ricostruire le fasi
fondamentali della nostra storia, dalle Repubbliche Marinare fino alla Unione europea. "Libro vibrante di passione civile" lo
definisce, nella prefazione, Piero Craveri. Già, perché la storia è fatta sì di
episodi, di avvenimenti, ma soprattutto di uomini: uomini importanti e gente comune. Protagonisti de “La
forza dell’unità”, infatti, non sono solo i Borbone e i Savoia, Garibaldi,
Cavour. Ce ne sono altri, donne e uomini normali, con le loro vicende personali
e con il loro lavoro, che pure hanno contribuito intensamente alla crescita
dell’Italia.
Addio, Enzo! Con l'amicizia e l'affetto di sempre.
Sigismondo Nastri