"Minchia, signor
tenente...!". Mi risuona nelle orecchie il ritornello della sua canzone, ispiratagli dalle stragi di Capaci e di via D'Amelio, portata sul palcoscenico di Sanremo nel festival del 1994. Una denuncia forte delle condizioni difficili in cui si trovavano a operare poliziotti e
carabinieri giovanissimi, spesso meridionali, nella lotta contro la mafia.
La notizia della morte di Giorgio Faletti, uomo di spettacolo, compositore e cantante,
finissimo scrittore, sempre brillante, ironico al punto giusto nella sua
frequentazione dello schermo tv (dal quale la malattia lo aveva allontanato), ci
riporta drammaticamente con i piedi per terra e ci fa meditare sulla fragilità
della condizione umana.
Qualche giorno fa aveva scritto sul suo profilo Facebook: "A
volte immaginare la verità è molto peggio che scoprire una brutta verità. La
certezza può essere dolore. L'incertezza è pura agonia".
Se penso che aveva
quindici anni meno di me mi vengono i brividi.
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