Domani, sabato 26 luglio, alle ore 19.30, presso la Sala Meeting di
Palazzo Avino a Ravello, sarà inaugurata la mostra “Opere recenti” di Virginio Quarta, con la direzione artistica dell’art
promoter Bruno Mansi e l’organizzazione dell’Archivio Ravello Contemporanea. La
personale propone un’ampia selezione di opere, tra dipinti, disegni,
acquerelli, che l’artista salernitano ha dedicato alla Costa d’Amalfi - un territorio che lo ha sempre attratto - in una
sorta di segreto e intimo dialogo.
In questo senso le opere esposte
sembrano ricostruire uno spazio sospeso tra passato e presente, un luogo
d'incontro tra il ricordo dei viaggiatori di ieri e le aspettative di quelli di oggi, ugualmente sedotti dalla bellezza degli scenari, rapiti dall'incanto del mare
in cui vanno a tuffarsi le montagne, inebriati dall'aria mite che sa di
gelsomino e di limoni, cullati dal lento e dolce scorrere del tempo.
Quarta - leggo nel comunicato stampa di Giovanna Dell'Isola - "dà sostanza a una dimensione ideale, sognante,
intessendo la tela di memorie, quelle personali
e quelle dei tanti ospiti che ancora oggi vengono rapiti senza scampo
dal paesaggio che li circonda. Ogni camera da letto, ogni salottino che si
attraversi, ogni finestra che si apre diventa un incontro con il sublime:
architetture che sanno di oriente, eleganti arredi, morbidi e raffinati tessuti
si mescolano a un'eccitante natura che esalta la tavolozza del pittore attento
a cogliere ogni minimo particolare, ogni minimo cambiamento del colore e,
quindi, della luce".
“Il silenzio è la sensazione prevalente, in una parola, la
sospensione, che invade il nostro cuore quando
ci troviamo a contatto con gli interni borghesi dei quadri di Quarta, - scrive nel catalogo Alfonso Di Muro -, volutamente privi di ogni presenza
umana, ma non del tutto orfani delle orme e delle tracce lasciate dai
protagonisti di scene abbandonate dagli attori: ed ecco allora letti disfatti,
lenzuola stropicciate, poltrone che recano l’impronta della persona sedutavi in
precedenza e che forse comunicano ancora il calore del corpo che per del tempo
vi si era adagiato, luci d’interni ancora accese nonostante l’incombenza del
chiarore diurno, libri aperti e di recente sfogliati ma lasciati sospesi e in
attesa che il lettore se ne riappropri, bottiglie e bicchieri che sembrano
recare ancora l’impronta di chi le ha usate di recente e li ha lasciati,
sebbene per poco, orfani di un proprietario. Agli interni si contrappongono,
dialogicamente, gli esterni che, come nei quadri di Magritte o di Hopper o come
nella migliore tradizione del trompe l’oeil,
fingono un paesaggio di là dell’orizzonte dell’interno borghese – di
solito gli immancabili scorci della divina costiera e di Ravello in particolare
– o talvolta sembrano alludere, non senza un sottile gioco di ambiguità, a un
quadro nel quadro, a una gara di rimandi tra finzione e realtà che possiede
precedenti illustri, da Velasquez a Manet e a Degas”.
Nonostante, però, la resa evidentemente iperrealista, frutto
di un lavoro paziente e minuzioso, capace di rincorrere il più capriccioso
brillio, di accarezzare le superfici cangianti dei cuscini e di lenzuola
increspate, Quarta ricerca un luogo dell'anima in cui realtà e sogno si
confondono, in un gioco di specchi e di riflessi, in un continuo muoversi tra
interno ed esterno, tra natura e artificio, dove poter vivere fino in fondo
l'esercizio della pittura, dando cioè sostanza al sogno, alla fantasia,
all'immateriale. “Si tratta - nota Luigi Mansi - della
trasposizione sulla tela di uno stato d'animo personale, ma si tratta di un
idem sentire nel quale tutti noi possiamo riconoscerci; di un conflitto di
coscienza insorto fra l'uomo e l'artista, espresso senza atteggiamenti
intellettualistici, ma con il fermo e consapevole proposito di rispecchiare una
situazione interiore di dubbio, di incertezza ma anche di speranza. Virginio
sembra voler trovare una risposta ad una domanda profonda, impegnativa, interrogativo di chi, come tutti è alla
continua ricerca di se stesso. Pare
voler mettere sulla tela tutta un’umanità, in una sublime via crucis dell’anima alla costante ricerca
di una pace all’apparenza impossibile ma fortemente voluta, agognata, cercata nella gioia del vivere”.
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