Sono
ancora scioccato dalle due terribili notizie ricevute ieri, quasi in
contemporanea: quella, appresa su Facebook, della tragica fine di Antonio
Selmi, ad Amalfi, causata dalla rottura della scala a pioli su era salito per
raccogliere albicocche nel suo giardino; e quella di Tonino De Vivo, a Eboli, comunicatami
per telefono da Josè Iovane, doloroso epilogo di una malattia che lo affliggeva,
sulla quale avevamo avuto più di un’occasione per confrontarci in
questi ultimi tempi. La notte scorsa, per quanti sforzi abbia fatto, non sono
riuscito a prender sonno. L’immagine dei due amici mi scorreva
continuamente davanti agli occhi, che tenevo serrati, nel buio della stanza.
Temo che la stessa situazione si verificherà più tardi, quando mi metterò a letto.
Non
riesco ad accettare la morte di Antonio Selmi. Assurda. Da non
crederci. Eppure è vera. Immagino quanta familiarità egli avesse con quella
scala e con quell'albero che, dopo aver assecondato tante volte i suoi gesti, improvvisamente
lo hanno tradito. Sapevo dell'amore che egli metteva nella cura del giardino. Mi
verrebbe da dire che è caduto come un soldato sul campo di battaglia.
Immagino
il dolore della moglie, Antonietta.
Formavano una bella coppia, sprizzavano serenità da tutti i pori. Antonio lo
avevo incontrato di recente alla presentazione del libro di Teresa
Amatruda, sua cognata, nell'antico Arsenale e a quella del libro di Angelo
Tajani all'hotel Luna. Una gioia per entrambi che c'eravamo un po' persi di
vista. Lo ricordo ragazzo
bravissimo, educato, allegro. Tale era rimasto nella maturità. Si faceva
voler bene da tutti.
Ad Antonietta, alla figliuola, a tutti i parenti giunga l'espressione del mio più sentito cordoglio. Profondamente rammaricato di non poter essere presente alle esequie, questa mattina (dall'orologio vedo che il nuovo giorno è già cominciato), nella cattedrale di Amalfi.
Di Tonino
De Vivo sapevo che stava male. Le ultime telefonate me ne avevano dato
conferma. Una lo aveva raggiunto appena dimesso dall’ospedale;
l’altra, pochi giorni fa, quando, nuovamente ricoverato, non era evidentemente in grado di rispondere. Mi
ero sentito con la moglie, Nadia, e ne avevo avvertito le preoccupazioni. Poi gli eventi hanno avuto un'evoluzione drammatica. Addio programmi predisposti da tempo: il viaggio
in Sicilia, al quale egli teneva molto, e me ne aveva pure parlato; la consueta vacanza a Londra, l’abituale “salto”
a Praga, le città di origine della sua compagna. Tonino e Nadia si conobbero ad
Amalfi sul finire degli anni cinquanta, instaurando tra loro,
subito, un bel rapporto sfociato nel matrimonio. Un’unione che ha superato
abbondantemente il mezzo secolo, fondata su amore, stima, rispetto, comprensione,
complicità, collaborazione, tale da poter essere portata ad esempio e assunta a modello di vita.
Come
faccio a non piangere per la perdita di un amico come lui? Io e Tonino siamo stati
compagni di scuola, di giochi e di avventure, fino a quando gli impegni di
lavoro non lo hanno portato via da Amalfi: a Torino, poi a Eboli. Non
avevamo possibilità di vederci frequentemente, ma ci sentivamo al telefono,
comunicavamo via e_mail o su Facebook.
L’amicizia,
quella vera, è un sentimento indistruttibile.
Nella mattinata trascorsa, grazie a un passaggio datomi da Josè, sono andato a Eboli per rendere a Tonino l'estremo tributo di affetto e per testimoniare a Nadia e ai figliuoli la mia commossa solidarietà.
Solo il raccoglimento e la preghiera possono dare conforto in situazioni come queste, che ho descritte qui sopra. Non servono altre parole.
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