In occasione della canonizzazione
di Giovanni XXIII, in programma domenica prossima, mi sembra opportuno
riproporre questo mio ricordo del “Papa Buono”, già pubblicato su “mondosigi”
il 1° luglio 2007.
Giovanni XXIII fu proclamato beato da Giovanni Paolo II la mattina di domenica 3 settembre 2000 a conclusione del processo canonico avviato nel 1966, tre anni dopo la scomparsa del “Papa buono”. Come ebbe a rilevare Leonardo Zega su La Stampa, egli fu «un pontefice cattolico nel senso più vero del termine, cioè universale… La gente lo canonizzò la notte stessa della sua morte (è avvenuto così anche per Giovanni Paolo II: “santo subito!”, è stata la corale invocazione durante i suoi funerali, n.d.r.), e lo espresse simbolicamente attraverso la piccola folla orante raccoltasi in silenzio in piazza San Pietro la sera del 2 giugno 1963 quando si sparse la voce che il papa era agonizzante; e poi con il cordoglio universale che suscitò la sua morte» il giorno seguente.
Pochi sanno di una presenza ad Amalfi, sia pure fugace, quando era un semplice monsignore, per raccogliersi in preghiera sulla tomba dell’apostolo Andrea. Ritenevo che questo fosse avvenuto durante la sosta fatta a Cava de’ Tirreni, dal 29 al 31 maggio del 1923, confermata da una lettera, datata 22 maggio 1923, che l’allora Mons. Angelo Giuseppe Roncalli inviò da Acireale a Mons. Vincenzo Bugarini preannunciandogli che si sarebbe fermato là; da una cartolina postale, datata 29 maggio 1923, imbucata il giorno dopo presso l’ufficio postale di Cava e anch’essa indirizzata a mons. Bugarini, nella quale riferiva che era ospite del vescovo Mons. Luigi Lavitrano e che si riposava “beatamente qualche ora” prima di tornare a Roma; dal registro delle SS. Messe quotidiane celebrate a Cava, nel quale annotava: «29 maggio a Cava in episcopio alle 15; 30 maggio a Cava al Sant. D’Olmo alle 16; 31 maggio a Cava in Duomo alle 19». Della venuta di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, a Cava c’è anche traccia in un articolo, senza data né firma, pubblicato il 21 giugno 1923 su Il Piccolo Corriere, organo settimanale dell’Azione Cattolica Salernitano-Lucana.
Questi documenti sono riprodotti nell’opuscolo dal titolo “Omaggio a Giovanni XXIII”, curato da Antonio Donadio, poeta e scrittore cavese trapiantato a Bergamo, che fu presentato nell’aula consiliare del Municipio di Cava il 4 settembre 2000 (cfr. l’articolo di Maria Olmina D’Arienzo su èCostiera, n. 9, settembre 2000). Don Andrea Colavolpe segnala però (su La Voce del Pastore, n. 155 del 5 giugno 2002) che il futuro Papa Giovanni XXIII celebrò nella cattedrale di Amalfi il Pontificale dell’Epifania, il 6 gennaio 1927, assistito dall’arcivescovo Mons. Ercolano Marini, da un certo Mons. Morosini (di cui non c’è altra notizia) e da un vescovo bulgaro. All’organo c’era il canonico Mons. Gabriele Vissicchio, mentre il canto gregoriano era affidato al coro dei seminaristi e degli orfanelli dell’Istituto "Anna e Natalia". E’ chiaro che le affermazioni di Don Andrea Colavolpe, parroco della cattedrale, sono suffragate da documenti d’archivio.
Della sua venuta ad Amalfi parlò lo stesso Giovanni XXIII, sul finire del pontificato, nel corso di un’udienza concessa al clero della Campania (la cosa mi fu riferita da un testimone: un anziano monsignore, docente alla facoltà teologica di Napoli). Il papa raccontò che, all’uscita dalla cattedrale, che si erge alta e maestosa sulla piazza, inciampò e cadde. Dio volle che non rotolasse per la lunga e ripida scalinata. Fu prontamente soccorso da una donna (il caso volle che fosse la signora Maria Grazia, mamma di Mons. Andrea Cesarano, futuro arcivescovo di Manfredonia): lei si chinò, lo aiutò ad alzarsi, si accertò che non avesse riportato danni, quindi gli formulò l’augurio di diventare “santo e viecchio!”, che ancora si usa da noi in situazioni del genere. Rievocando quella circostanza, il Papa non mancò di sottolineare, sorridendo, che, in fondo, l’auspicio si era avverato: «Mi chiamano Santo Padre e alla vecchiaia ci sono ormai arrivato».
Ma c’è un altro episodio, ancora più interessante, che lega Giovanni XXIII ad Amalfi e lo vede anticipatore del percorso di canonizzazione del professore Giuseppe Moscati, ora santo. Il famoso clinico era spirato il 12 aprile 1927, rimpianto e benedetto da tutti coloro che lo avevano conosciuto ed erano ricorsi a lui per cure mediche e assistenza spirituale. Appena due anni dopo fu edita la sua prima biografia, scritta dall’arcivescovo di Amalfi Mons. Ercolano Marini su sollecitazione della sorella del Moscati, Nina. Il libro giunse nelle mani di Mons. Roncalli, visitatore apostolico in Bulgaria (gliene fece dono proprio Mons. Cesarano, che all’epoca era suo segretario). Ed egli, da Sofia, ringraziò l’autore con questa lettera datata 3 novembre 1929: «Venerato Monsignore, Chiudo ora il suo bel volume dedicato alla memoria del prof. Giuseppe Moscati. L’ho letto tutto, si può dire, di un fiato; e ne ho l’anima edificata e commossa. Mirabile figura di laico cattolico perfetto; splendido fiore di santità e di scienza; onore del nostro secolo e della nostra razza: lumen Ecclesiae. Sì, ha detto bene il Card. Ascalesi. Il prof. Moscati appartiene ormai – dopo questa riuscitissima biografia che Ella, Monsignore, ne ha tessuto – alla Chiesa universale […]. Io mi compiaccio umilmente e devotamente, ma oh! con quanto affetto, con Lei Monsignore veneratissimo, per questo suo lavoro, che fa tanto onore al suo spirito e che le sarà ragione di tanto merito sulla terra e nei cieli. Vorrei potermi unire a Lei nel tenere sollevato il suo braccio perché non si stanchi di presentare a tutta la Chiesa questo novello luminare, il cui chiarore, come quello del sole, è destinato a spandersi e ad accendere tante anime. Intanto comincerò a pregare e a fare del mio meglio la buona propaganda del nuovo santo – sia detto con ogni rispetto ai decreti di Urbano VIII – e del volume che lo descrive con tanta semplicità e vivezza. Ella, Monsignore, preghi per me, per il mio povero lavoro tra queste anime che vivono nel crepuscolo, e mi continui la sua benevolenza, che mi è così cara e confortevole».
Mons. Roncalli, inoltre, fece sapere a mons. Marini di essere pronto a firmare la supplica per l’avvio della causa di beatificazione del medico napoletano.
Difficile stabilire se si trattò di una felice intuizione o di veggenza. Per il popolo dei fedeli è importante che due personaggi tanto amati e venerati – Papa Giovanni e il professore Giuseppe Moscati - siano entrambi assurti alla gloria dell’altare.
© Sigismondo Nastri
Giovanni XXIII fu proclamato beato da Giovanni Paolo II la mattina di domenica 3 settembre 2000 a conclusione del processo canonico avviato nel 1966, tre anni dopo la scomparsa del “Papa buono”. Come ebbe a rilevare Leonardo Zega su La Stampa, egli fu «un pontefice cattolico nel senso più vero del termine, cioè universale… La gente lo canonizzò la notte stessa della sua morte (è avvenuto così anche per Giovanni Paolo II: “santo subito!”, è stata la corale invocazione durante i suoi funerali, n.d.r.), e lo espresse simbolicamente attraverso la piccola folla orante raccoltasi in silenzio in piazza San Pietro la sera del 2 giugno 1963 quando si sparse la voce che il papa era agonizzante; e poi con il cordoglio universale che suscitò la sua morte» il giorno seguente.
Pochi sanno di una presenza ad Amalfi, sia pure fugace, quando era un semplice monsignore, per raccogliersi in preghiera sulla tomba dell’apostolo Andrea. Ritenevo che questo fosse avvenuto durante la sosta fatta a Cava de’ Tirreni, dal 29 al 31 maggio del 1923, confermata da una lettera, datata 22 maggio 1923, che l’allora Mons. Angelo Giuseppe Roncalli inviò da Acireale a Mons. Vincenzo Bugarini preannunciandogli che si sarebbe fermato là; da una cartolina postale, datata 29 maggio 1923, imbucata il giorno dopo presso l’ufficio postale di Cava e anch’essa indirizzata a mons. Bugarini, nella quale riferiva che era ospite del vescovo Mons. Luigi Lavitrano e che si riposava “beatamente qualche ora” prima di tornare a Roma; dal registro delle SS. Messe quotidiane celebrate a Cava, nel quale annotava: «29 maggio a Cava in episcopio alle 15; 30 maggio a Cava al Sant. D’Olmo alle 16; 31 maggio a Cava in Duomo alle 19». Della venuta di Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, a Cava c’è anche traccia in un articolo, senza data né firma, pubblicato il 21 giugno 1923 su Il Piccolo Corriere, organo settimanale dell’Azione Cattolica Salernitano-Lucana.
Questi documenti sono riprodotti nell’opuscolo dal titolo “Omaggio a Giovanni XXIII”, curato da Antonio Donadio, poeta e scrittore cavese trapiantato a Bergamo, che fu presentato nell’aula consiliare del Municipio di Cava il 4 settembre 2000 (cfr. l’articolo di Maria Olmina D’Arienzo su èCostiera, n. 9, settembre 2000). Don Andrea Colavolpe segnala però (su La Voce del Pastore, n. 155 del 5 giugno 2002) che il futuro Papa Giovanni XXIII celebrò nella cattedrale di Amalfi il Pontificale dell’Epifania, il 6 gennaio 1927, assistito dall’arcivescovo Mons. Ercolano Marini, da un certo Mons. Morosini (di cui non c’è altra notizia) e da un vescovo bulgaro. All’organo c’era il canonico Mons. Gabriele Vissicchio, mentre il canto gregoriano era affidato al coro dei seminaristi e degli orfanelli dell’Istituto "Anna e Natalia". E’ chiaro che le affermazioni di Don Andrea Colavolpe, parroco della cattedrale, sono suffragate da documenti d’archivio.
Della sua venuta ad Amalfi parlò lo stesso Giovanni XXIII, sul finire del pontificato, nel corso di un’udienza concessa al clero della Campania (la cosa mi fu riferita da un testimone: un anziano monsignore, docente alla facoltà teologica di Napoli). Il papa raccontò che, all’uscita dalla cattedrale, che si erge alta e maestosa sulla piazza, inciampò e cadde. Dio volle che non rotolasse per la lunga e ripida scalinata. Fu prontamente soccorso da una donna (il caso volle che fosse la signora Maria Grazia, mamma di Mons. Andrea Cesarano, futuro arcivescovo di Manfredonia): lei si chinò, lo aiutò ad alzarsi, si accertò che non avesse riportato danni, quindi gli formulò l’augurio di diventare “santo e viecchio!”, che ancora si usa da noi in situazioni del genere. Rievocando quella circostanza, il Papa non mancò di sottolineare, sorridendo, che, in fondo, l’auspicio si era avverato: «Mi chiamano Santo Padre e alla vecchiaia ci sono ormai arrivato».
A proposito di
Monsignor Cesarano, vanno ricordate alcune circostanze: l’ordinazione
sacerdotale, il 19 marzo 1904; la nomina a canonico della cattedrale e la chiamata,
come segretario, da parte dell’arcivescovo di Amalfi Mons. Angelo Maria Dolci. Che lo volle con sé anche in Turchia, dove fu
trasferito come delegato apostolico della Santa Sede. Dopo la promozione di
Dolci a cardinale, Cesarano conservò le stesse funzioni col successore, Mons. Carlo
Margotti. Quel ruolo, così delicato, gli diede modo di conoscere Mons.
Roncalli, Visitatore e poi Delegato apostolico in Bulgaria e, dal 24 novembre
1934, anche in Turchia e Grecia. Quando Pio XI nominò Cesarano arcivescovo di
Manfredonia la consacrazione avvenne nella stessa Costantinopoli, il 15 agosto
1935, ad opera del futuro Papa. Tra i due si stabilì un rapporto che non ebbe
mai fine. Lo sottolineò lo stesso Giovanni XXIII, il 28 agosto 1955, in
occasione del suo viaggio a Manfredonia per l’incoronazione dell’antica
immagine di Maria SS. di Siponto. «In questo
lungo tratto di tempo trascorso – disse - la barba del vostro venerato
Arcivescovo, mio diletto amico e confratello, ha avuto il tempo d’imbiancarsi». Secondo fonti attendibili, Roncalli gli offrì la
porpora cardinalizia ma Cesarano vi rinunciò, forse per umiltà, fors’anche per
ragioni di età.
Aggiungo che, da Patriarca di Venezia, fu Roncalli a benedire, il 9 giugno 1956, sulla
Riva dei Giardini Reali, nella città lagunare, le quattro imbarcazioni con le
quali Amalfi, Genova, Pisa e Venezia hanno disputato molte edizioni della
Regata delle Antiche Repubbliche Marinare.
Ma c’è un altro episodio, ancora più interessante, che lega Giovanni XXIII ad Amalfi e lo vede anticipatore del percorso di canonizzazione del professore Giuseppe Moscati, ora santo. Il famoso clinico era spirato il 12 aprile 1927, rimpianto e benedetto da tutti coloro che lo avevano conosciuto ed erano ricorsi a lui per cure mediche e assistenza spirituale. Appena due anni dopo fu edita la sua prima biografia, scritta dall’arcivescovo di Amalfi Mons. Ercolano Marini su sollecitazione della sorella del Moscati, Nina. Il libro giunse nelle mani di Mons. Roncalli, visitatore apostolico in Bulgaria (gliene fece dono proprio Mons. Cesarano, che all’epoca era suo segretario). Ed egli, da Sofia, ringraziò l’autore con questa lettera datata 3 novembre 1929: «Venerato Monsignore, Chiudo ora il suo bel volume dedicato alla memoria del prof. Giuseppe Moscati. L’ho letto tutto, si può dire, di un fiato; e ne ho l’anima edificata e commossa. Mirabile figura di laico cattolico perfetto; splendido fiore di santità e di scienza; onore del nostro secolo e della nostra razza: lumen Ecclesiae. Sì, ha detto bene il Card. Ascalesi. Il prof. Moscati appartiene ormai – dopo questa riuscitissima biografia che Ella, Monsignore, ne ha tessuto – alla Chiesa universale […]. Io mi compiaccio umilmente e devotamente, ma oh! con quanto affetto, con Lei Monsignore veneratissimo, per questo suo lavoro, che fa tanto onore al suo spirito e che le sarà ragione di tanto merito sulla terra e nei cieli. Vorrei potermi unire a Lei nel tenere sollevato il suo braccio perché non si stanchi di presentare a tutta la Chiesa questo novello luminare, il cui chiarore, come quello del sole, è destinato a spandersi e ad accendere tante anime. Intanto comincerò a pregare e a fare del mio meglio la buona propaganda del nuovo santo – sia detto con ogni rispetto ai decreti di Urbano VIII – e del volume che lo descrive con tanta semplicità e vivezza. Ella, Monsignore, preghi per me, per il mio povero lavoro tra queste anime che vivono nel crepuscolo, e mi continui la sua benevolenza, che mi è così cara e confortevole».
Mons. Roncalli, inoltre, fece sapere a mons. Marini di essere pronto a firmare la supplica per l’avvio della causa di beatificazione del medico napoletano.
Difficile stabilire se si trattò di una felice intuizione o di veggenza. Per il popolo dei fedeli è importante che due personaggi tanto amati e venerati – Papa Giovanni e il professore Giuseppe Moscati - siano entrambi assurti alla gloria dell’altare.
© Sigismondo Nastri
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