Che bella giornata s'annuncia! Dopo le tempeste dei giorni
scorsi, ecco finalmente un cielo
azzurro. Senza una nuvola. Fa fresco, ma quando non c'è umidità, e
stamattina il tempo è asciutto (secco lo definisce la meteorologia), si può
stare sul balcone - con un po' d'incoscienza - anche a torso nudo. Quale occasione migliore per mettermi ai fornelli e dare
sfogo alla passione per la cucina: non
quella con la A maiuscola, ma la cucina "paesana" di Amalfi e
costiera, che ho cercato di recuperare e tutelare attraverso ricette, raccolte
dalla viva voce di di vecchie signore, per lo più appartenenti alla generazione
che mi ha preceduto, in buona parte pubblicate in questo mio blog.
Non mi piace la gastronomia d'autore, quella che ti propone
piatti belli a vedersi come opere d'arte, ma che poi ti lasciano lo stomaco
vuoto. Tanto che, all'uscita dal ristorante, ti viene subito la tentazione di
entrare in una pizzeria..
Amo odori e sapori forti. Penetranti. Da poterci poi
accompagnare un buon bicchiere di vino (rosso, naturalmente).
Ragionando così, oggi la scelta non poteva cadere se non
sullo stocco con le patate. Ne ho trattato già in questo spazio, cinque o sei
anni fa. Non mi resta che trascrivere qui ciò che ho scritto allora.
Ricordo
che, quand’ero ragazzo (cioè nell'immediato dopoguerra), ad Amalfi lo stocco lo
compravamo da Alfonso Valentino, che lo spugnava (lo
ammollava) in delle vasche di pietra nel suo negozio (aveva due ingressi, da una
parte alimentari e salumeria, dall’altro stoccafisso e baccalà) in cima alla via
Pietro Capuano, quasi di fronte alla fontana d’ ‘a Capa ‘e ciuccio. La
morte dello stocco, si diceva allora, è con le patate. Piatto forte, popolare,
che faceva la gioia dei carrettieri quando (e qui il riferimento è al periodo
anteguerra), lungo la strada della Costiera, si fermavano a rifocillarsi in
un’osteria. Cito quella del Caporale a Minori e quella di
mastu Camillo (il padre della mitica Gemma) ad
Amalfi, giù agli arsenali.
Erano tempi in cui la spesa si
faceva con la libretta. A debito, che veniva saldato (quando
non ci si limitava a un acconto) nel corso dell’anno. Era una usanza, diciamo
così, generalizzata, che coinvolgeva tutti gli strati sociali. Una moda per
quelli socialmente più elevati, una necessità per gli altri. Insomma,
avenno, putenno, pavanno. Anche perché il pagamento delle retribuzioni,
sia nel settore pubblico che in quello privato, non avveniva con regolarità.
Mio padre, ad esempio, impiegato comunale, riceveva lo stipendio due o tre volte
nell’arco dei dodici mesi: a Natale, a Pasqua, nella ricorrenza della festa
patronale, se tutto andava bene. Altrimenti, pazienza. Nelle casse del Comune di
Amalfi – la tesoreria la gestiva il commendatore Giulio Bianchi per conto della
ditta Rezzi, appaltatrice delle imposte di consumo, cioè del dazio - non c'era
mai disponibilità di denaro.
I negozi di alimentari di Amalfi più
importanti erano quello di Assunta ‘e Veneranna (altrimenti
denominato ‘A Gran Bretagna, antesignano degli attuali supermercati),
il citato Alfonso Valentino, don Peppe Cavaliere (dint' 'e
ddoje mure, poi sulla Sciulia), ‘O Zivillo (al
largo Spirito Santo), Pittiasso (all'angolo tra piazza Duomo e
la Porta della Marina) e don Antonio Buonocore (in piazza
Duomo, accanto all'ingresso del seminario). Adesso lo stoccafisso costa caro.
Proprio ieri, al mercato del venerdì, qui a Maiori, ne ho acquistato un
pezzetto di circa ottocento grammi pagandolo otto euro e cinquanta (ne ho acquistato altrettanto oggi e mi sono accorto che il prezzo, sei anni dopo, è rimasto pressoché invariato). Ma era
veramente buono. Mi sono divertito a prepararlo secondo la ricetta appresa da
mia madre, descritta qui di seguito. L’ho gustato fino all’ultima
briciola (avverrà così anche oggi).
Ingredienti:
stocco (ammollato). Pomodorini (ovvio, quelli del piènnolo). Patate a pasta gialla (le ho avute da Tramonti). Olio
extravergine d’oliva, cipolla, peperoncino piccante, prezzemolo, sale
q.b.
Tagliato lo stocco a fette larghe due
o tre dita, lo si lava e lo si fa sgocciolare bene. Intanto, si mette a
soffriggere nell’olio la cipolla affettata sottilmente – e magari anche uno
stelo e qualche fogliolina di sedano (ma poi non va usato il prezzemolo!)
- aggiungendovi subito dopo le patate tagliate a pezzetti, come pure i
pomodorini. Senza dimenticare il peperoncino. A metà cottura, si pone nel tegame
lo stocco e si completa la preparazione controllando che non attacchi al fondo
del tegame. Se c’è bisogno (cioè, se ci si accorge che il sugo si sta
restringendo troppo), si fa ricorso a un filo d’acqua. A fine cottura, si
cosparge sulla pietanza una buona manciata di prezzemolo tritato. Da servire
caldo.
Alcuni suggerimenti. Per smorzare il penetrante odore dello stocco, che non tutti gradiscono (non sono tra questi: per me va benissimo), lo si può fare preventivamente sbollentare per qualche minuto in acqua non salata. Nel soffritto, al posto della cipolla, si può usare l'aglio.
Alcuni suggerimenti. Per smorzare il penetrante odore dello stocco, che non tutti gradiscono (non sono tra questi: per me va benissimo), lo si può fare preventivamente sbollentare per qualche minuto in acqua non salata. Nel soffritto, al posto della cipolla, si può usare l'aglio.
De gustibus non est disputandum.
© SigiNastri 2000 (dalla raccolta "Cucina paesana della Costa d'Amalfi")
© SigiNastri 2000 (dalla raccolta "Cucina paesana della Costa d'Amalfi")
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