I primi a uscire di casa, quel mattino, si trovarono dinanzi
agli occhi uno scenario allucinante. Non per un terremoto, ma per il vento che
aveva imperversato durante la notte, prendendo di mira gli alberi, riversando
sulle strade tegole, lamiere, cocci e vetri. Ora, per fortuna, la bufera s’era
placata. Però il mare rimaneva agitato.
Mareggiata ad Amalfi (elaborazione digitale di Anny Gérard) |
Lunghi cavalloni si rincorrevano fino a
infrangersi contro il molo e contro le scogliere, per trasformarsi, tra il
tondo Volpe e la vecchia torre del Luna, in alte colonne d’acqua. Le onde
invadevano la piazza deponendovi ghiaia e sabbia. Uno spettacolo inatteso che
faceva impazzire i turisti, tutti alle prese con macchine fotografiche. Solo i pescatori apparivano amareggiati,
perché, almeno quel giorno, non avrebbero guadagnato un soldo. E meno male che
la sera precedente, dato uno sguardo al ponente, secondo un'abitudine ereditata
dagli avi (non esisteva ancora la televisione e neppure un servizio di
previsioni del tempo), s’erano resi conto del pericolo. Avevano tirato a secco le barche e ormeggiato a dovere le
cianciole nel porto.
«Appena il mare comincia a calmarsi - si consolava
qualcuno – chissà quanti bei saraghi si potranno prendere all’amo».
In piazza, "don" Alfonso, Raffaele e Tobia si
davano da fare a discutere animatamente, con altri, di quella eccezionale
tempesta, che aveva reso il sonno difficile. Il gruppo diventava sempre più
folto e ognuno riferiva le proprie impressioni, formulava ipotesi, persino le
più stravaganti. "Don" Alfonso
era convinto di aver visto, attraverso il vetro della finestra, il furioso
passaggio di una tromba d’aria. «Ma no - insisteva Tobia che, da vecchio lupo di mare, di situazioni simili ne aveva vissute tante -, s’è trattato solo
di una libecciata».
Intanto se ne valutavano le conseguenze: qualche tetto
divelto, pezzi di cornicioni caduti, alcune auto danneggiate, insegne di negozi
ridotte in frantumi. "Don" Alfonso possedeva una bella casa, ariosa,
con un ampio terrazzo, sul quale coltivava, in tanti vasi, prezzemolo,
basilico, mentuccia, salvia e rosmarino. Agli amici, che pendevano dalle sue labbra, ripeteva con
enfasi: «Figuratevi, il vento è stato così forte che mi ha distrutto tutta la…
basilicata!».
© SigiNastri 2000 (da:
"Racconti dalla Costa d’Amalfi")
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