"San Matteo 1986: L'arte e il tempo" è il titolo della mostra di fotografie di Corradino Pellecchia, e videoproiezione di Enzo Rosco, in programma dal 6 al 14 dicembre alla Galleria Art Tre di Salerno (vicolo San Bonosio n. 7). Inaugurazione, venerdì 6 alle ore 20.00. Trascrivo qui la nota informativa trasmessami dalla collega Olga Chieffi.
Enzo Rosco e Corradino Pellecchia |
San
Matteo, il tempo, l’arte, le stagioni della semina e della raccolta, dei timori
e delle speranze, del buio e della luce, scandite dal ritmo “autunno primavera
autunno e ancora primavera” in un racconto di speranze e sogni, a volte
infranti ma pronti a rinascere spinti dal vento del cambiamento. Dove è il
“piccolo” a costruire il nuovo, rivendicando, come osserva il giornalista
Antonio Manzo, nell’evangelista, le cui spoglie riposano dal 1081 nella cripta
del duomo di Salerno, il “patrono della modernità”. San Matteo, ovvero
l’energia in movimento. E’ una riflessione che nasce e che trova conferma
nell’archivio della memoria di due intellettuali salernitani curiosi e
sensibili: Corradino Pellecchia ed Enzo Rosco. Li accomuna la passione per le
arti visive come “porta” sul reale e il senso di forte radicazione con la loro
città. Un sodalizio sincero il loro, un’amicizia nata nel 1986, proprio
documentando la festa patronale, e che è rimasta immutata per quasi trent’anni.
Fotografo e filmaker uniti dalla voglia di scrivere un racconto corale: il
primo con l’immancabile vecchia Canon Fpb, quasi prolungamento del suo
corpo-anima-azione; il secondo con una Video Explorer Philips, telecamera
all’avanguardia in quegli anni, addirittura più costosa di un’automobile ma terzo
occhio di un’osservazione partecipante che scava nei contenuti dell’evento,
eliminando tutto ciò che è superfluo.
Rileggiamo
ora quelle immagini in bianco e nero, isole di un frammento di tempo e di
spazio, riproduzioni neorealistiche dalla voluta imperfezione tecnica in cui
l’angolazione storico-sociale si imbeve di poesia. E, se il primo impatto nel
leggere la mostra su questa processione datata 1986 è il sentimento che
scaturisce dall’evocazione – non a caso Susan Sontag dice che “l’emozione fotografica
per eccellenza è la nostalgia” – immediata è la percezione di una visione
emblematica e rappresentativa di una trasformazione in atto, del dinamismo del
presente. Già. L’anno scelto da Pellecchia e Rosco è sì quello del loro primo
incontro professionale, ma, in un’analisi storicistica locale, è soprattutto la
cerniera tra l’ieri sopito e l’oggi sollecitato da istanze di rinnovamento, è
la data icona della vigilia del nuovo corso della città delle idee e del
fare. Ecco, dunque, sfilare, nei dodici
scatti di Pellecchia e nei 15 minuti di video di Rosco (montato dalla figlia
Giulia), la festa di popolo, l’apparato celebrativo con il corteo dei santi ed
il tributo ufficiale di clero e politici, la folla, i portatori con i colori e
l’orgoglio granata della squadra del cuore che proprio, nel giorno del patrono,
gioca la prima partita del campionato C1, dopo essere sfuggita,
“miracolosamente” alla tempesta del calcio scommesse: lo spettacolo, insomma,
con i suoi attori a far da spalla all’interprete principale Matteo, il sindaco
Michele Scozia, ultimo, inconsapevole
rappresentante della Dc al governo cittadino, e monsignor Guerino
Grimaldi, l’arcivescovo colto che incitava i giovani al dialogo costruttivo ed
alla partecipazione. Sullo sfondo la “munnezza” che, malgrado la festa,
occhieggia tra le impalcature di un centro storico ancora cantiere a sei anni
dal terremoto. Nell’aria, però, il respiro fremente di una molteplicità di
libere voci in fermento: la telecamera di Rosco si sofferma a lungo sul
manifesto del Capitol che indica la rassegna omaggio a Luchino Visconti, dieci
anni dopo la scomparsa, realizzata dal circolo Luigi Cacciatore, tra i protagonisti, insieme al New Panda, Lab
2029, Botteghelle, Centro storico, Bottega San Lazzaro, Amici villa comunale,
del dibattito democratico, politico e culturale che portò nel 1987 alla svolta
laica con Giordano sindaco. La palestra del pensiero, la primavera
dell’invenzione benedetta dal santo, fissata e idealmente trasposta dal
documento visivo. Ma l’autunno è già dietro la soglia con l’ingegneria
mediatica delle grandi opere, l’applausometro di chi occupa le poltrone e il
san Matteo garante del potere. Ed ecco l’altra faccia del santo, quella poetica
di Pellecchia: lo sguardo, ricco di penetrazione umana, va oltre la
descrizione, indaga il senso nascosto della festa, quello in cui convivono
modernità e tradizione, individuo e comunità, sacro e profano, gusto estetico e
sensibilità. Testimoni del ciò che è sempre, del dato reale e
dell’immaginifico, le fotografie diventano voce. I volti non sono più fantasmi ma custodi
dello spirito vero della festa, profeti della nuova primavera che verrà nel
segno del patrono, oltre l’orizzonte cupo di una identità apparentemente
risucchiata, delegata, depotenziata ma pronta a risorgere nel gesto e nella
parola.»
«1986.
La prima collaborazione artistica di due amici: Corradino Pellecchia ed Enzo
Rosco. Sullo sfondo la festa di San Matteo, il fotografo e il videomaker che
documentano, in un gioco di sguardi, la processione, immortalandone gli aspetti
devoti, antropologici, politici e sociali. Il santo e la città, o meglio il
santo è la città. Ieri come oggi. Da questa considerazione nasce l’operazione
“San Matteo 1986: l’arte e il tempo”. E’ la riproposizione, in un amarcord che
si fa tempo presente e proiezione del futuro, delle 15 fotografie in bianco e
nero di Pellecchia e del video di Rosco (il montaggio è della figlia Giulia),
realizzati in una data simbolo, quella della seconda svolta di Salerno, del
sogno e della speranza di una città che mette alle spalle le macerie del
terremoto, simbolo di un degrado che è più morale che fisico, per costruire il
nuovo. Le immagini in visione alla galleria Art.Tre (Salerno, vicolo San Bonosio, 7) dal 6
all’8 dicembre 2013 (Opening venerdì 6 alle 20, apertura tutti i giorni dalle
19,30 alle 21,30) sarà accompagnato da un testo, una specie di “diario” scritto
da Erminia Pellecchia.
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