Nel pomeriggio di oggi, martedì
19 novembre, alle ore 15.30, presso l’aula 17 dell’Università di Salerno, a Fisciano, si
discute di “Filosofia e sport”. All’iniziativa – organizzata dal Dipartimento
di Scienze del Patrimonio Culturale, dal Laboratorio di Filosofia e linguaggi
delle immagini e dalla sezione salernitana della Società Filosofica Italiana –
partecipano Franco Ferrari e Mauro Menichetti, che presentano il libro di
Giovanni Boniolo, Le regole e il sudore
(Raffaello Cortina, 2013).
Riporto qui, per intero (non avendo io letto il libro...), il comunicato stampa firmato dalla collega Olga Chieffi.
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Giovanni Boniolo |
«Lo sport è nelle sue
regole. Partendo da questa idea,
Giovanni Boniolo delinea un percorso in cui
ricordi personali si uniscono a divagazioni più filosofiche e a suggestioni
letterarie. Al centro dell’attenzione, l’aspetto etico dello sport, la fatica e
il sudore degli allenamenti, l’onore del vincere e del perdere rispettando le
regole
(magari fosse sempre così! mi viene da esclamare), i giudici e gli avversari e il disonore del voler essere primi barando
(come, ahinoi!, spesso capita).
Senza dimenticare la felicità della vittoria, la complicità che nasce nello
spogliatoio tra compagni di squadra, la bellezza del corpo e del gesto
atletico, l’età adulta con i suoi ricordi e la consapevolezza che ormai il
tempo delle competizioni se n’è andato. Dietro lo
scritto c’è però l’atleta di livello nazionale, il baskettista che tiene a quella sua esperienza e la fa valere. Anzi, nella finzione narrativa di dedicare ai
propri figli e a vecchi amici delle considerazioni filosofiche sul significato
e l'importanza dello sport nella vita, parla di loro e racconta di sé, estrae
aneddoti dai vissuti suoi e loro, trasforma in occasioni di riflessione o
addirittura in parabole paideutiche anche i momenti più comuni della nostra
esperienza, che proprio perché comuni e "normali" spesso eludono il
senso critico. Va detto che Boniolo, da filosofo, uno sport lo continua a
praticare. E' la dialettica, quella che per gli Ateniesi era uno sport verbale,
ma sempre sport, anche nel senso che Boniolo predilige per una sua definizione:
seguire regole, sentendosi comunque onorati di aver perseguito lealmente un
risultato (il verosimile con la dialettica, una sorta di eudaimonia con lo
sport). E Boniolo conosce bene anche le arti della retorica, retorica che
Aristotele, contro Platone, nobilitava come "analoga" alla
dialettica, con la sostanziale differenza di rivolgersi a un uditorio. E dunque
sa che per persuadere ai valori i giovani, e non solo loro, ci vuole qualcosa
che arrivi prima al cuore, come l'esempio.
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Elio Matassi |
Così procede questo libro scorrevole
e istruttivo: si parla di sport come se ne potrebbe parlare distesamente in
salotto, tra citazioni e memorie, con il filosofo però che non rinuncia a far
parlare la filosofia (soprattutto di Aristotele e di Kant), con metodo e
argomenti, e anche la scienza. Una conseguenza è che molte pagine del libro
sono intonate a un certo paternalismo. Ma anche questo vuol essere un
messaggio; perché Boniolo non nutre spiccate simpatie per l'antipaternalismo
oggi imperante, neppure quando si parla di medicina e di rapporto
medico-paziente; figuriamoci quando si parla di quello docente-discente! E non
si creda che qui sia in gioco soltanto un'idiosincrasia o uno stile personale.
Credo infatti che se volessimo tirar fuori una parola chiave dagli ameni
conversari di Boniolo, questa sarebbe una sola: conoscenza. Non si può parlare
delle cose senza conoscenza (e questo è un truismo), ma non si può neanche
agire senza conoscenza. Neppure nello sport, che sembra il più "automatico"
dei cimenti, quello per il quale sembra contare solo il corpo, con la mente a
riposo. E invece la conoscenza conta, eccome; e conta la cultura, perché lo
sport è un modo di rendere attuale una delle possibilità fenotipiche del corpo,
ma quella possibilità va attualizzata con intenzione, con consapevolezza, con
dedizione. Se non c'è un'idea di perfezione, se non c'è una volontà di
realizzarla, lo sport non educa, non è paideia; e, come ludus, non potrà
veramente appagare. Ci vuole conoscenza, e non solo teorica, ma anche estetica
e pratica.
Giuseppe Cantillo concluderà l’incontro ricordando
Elio Matassi, l’indimenticato
maestro di estetica musicale, il collega filosofo, presentando il suo ultimo
lavoro,
“Pensare il calcio” (Il Ramo editore) in cui sottolinea come la società
nel suo complesso e, dunque, anche il calcio, hanno bisogno di cure che prima
di essere semplicemente economiche, siano etiche, culturali e dunque
filosofiche.
È in questo contesto che si colloca “La filosofia del campione”, una
discussione che si avvia a partire dalla considerazione che lega la squadra
alla formula hegeliana dello Stato come “das Erste”, ossia primo principio da
cui si tenta di concettualizzare il primato della totalità-squadra sulle
parti-giocatori. Come spiega il filosofo Elio Matassi, infatti: “I giocatori
vengono prima della squadra di calcio, dal momento che senza i giocatori una
squadra non potrebbe neppure esistere, ma se i giocatori (le parti) nel loro
gioco non realizzano se stessi all’interno della squadra (la totalità), questa
non potrebbe mai essere vincente ed esprimere il suo primato in un gioco
irresistibile e avvincente”. Allo stesso modo mutuando da Kant la formula
“La vera creatività è quella che si fonda sulle regole”, spiega Matassi,
“L’individualità del fantasista della squadra può cercare soddisfacente
interpretazione nel rapporto tra genialità e norma”.
A tali questioni, si aggiungono le riflessioni su quella che oggi appare come
una perdita delle origini etic-eroiche di questo sport.»
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