Sono rimasto sorpreso e deluso quando
mi sono accorto che della Salerno che conta (quella delle istituzioni, cioè) non c’era quasi
nessuno – a parte il senatore Alfonso Andria – ai funerali di Nino Bassi,
celebrati nella chiesa di santa Croce a Torrione. I banchi erano gremiti, sì, ma da gente del
quartiere che lo conosceva bene e ne apprezzava l’intelligenza, la capacità di
ascolto, la cordialità. Eppure egli era un assiduo frequentatore di circoli,
mostre, incontri culturali, dibattiti, cerimonie ufficiali. Ma, soprattutto,
era un innamorato di Salerno, un puntiglioso e attento raccoglitore e custode
di memorie storiche, artistiche, letterarie della città e del suo territorio.
Mi capitava d’incontrarlo spesso e ne raccoglievo le confidenze. Negli ultimi
tempi era quasi ossessionato dall’idea di dare una degna collocazione alla gran
mole di materiale che, in lunghi anni, era riuscito a mettere insieme: stampe,
libri, documenti, dipinti. Non aveva ancora deciso se affidarlo all’Archivio di
Stato, al Museo provinciale o al Museo Diocesano. Credo che avesse avuto già
dei contatti con queste istituzioni. C’è da sperare ora che non vada disperso. Di
recente mi aveva chiesto se volevo essere suo esecutore testamentario. Non m’ero
sentito di accettare una tale responsabilità. “Oltretutto – avevo aggiunto -
chi ti dice che non sarò prima io ad andarmene?”.
La prospettiva di dover morire lo
inseguiva, ma non pensava che dovesse avvenire di lì a poco e in maniera così
improvvisa. L’altro giorno mi ha confidato di essere preoccupato per un dolore avvertito
nell’area toracica. Un amico cardiologo, subito contattato telefonicamente, lo aveva convocato presso una casa di cura per
visitarlo e fargli eseguire accertamenti diagnostici. Congedandolo, alla fine,
con un sorriso è un ok: “non crearti fissazioni, il tuo cuore è sanissimo”. Quello che è
avvenuto ha dimostrato il contrario. Perché nella vita di ognuno c’è sempre
qualcosa di imprevedibile, di imponderabile nascosto dietro l’angolo.
Nell’ultimo incontro, abbiamo discusso del calendario dell’Azienda
grafica e cartaria De Luca per il 2014 - al quale anch’egli stava collaborando
- dedicato al pittore Pasquale Avallone. Eravamo andati insieme, alcuni mesi
fa, lui, Andrea De Luca, Marco Alfano ed
io, a casa delle figlie del grande artista salernitano per visionarne le opere
e per acquisire materiale informativo. Nino era contento: le due gentili
signore gli avevano affidato la cartella dei disegni preparatori per i dipinti di palazzo di Città, eseguiti dal padre, affinché li esaminasse con
cura. Si era offerto, infatti, di scrivere un piccolo testo per il calendario:
è possibile che se ne trovi traccia tra le sue carte.
Il 29 luglio Nino venne alla
presentazione del mio libro a villa Guariglia. Non sapeva della mia passione
per la poesia: ne gioì molto.
A lui mi legano tanti ricordi. Ma
ce n’è uno alquanto singolare. Nei
giorni in cui New York era sconvolta dall’uragano Sulley, mi raccontò di aver letto su Cronache del Salernitano un
reportage su quel tragico evento che aveva molto apprezzato. Lo giudicava “un
esempio di giornalismo straordinario, tanto più che non è uscito su un grande giornale, ma su un piccolo
quotidiano di provincia”. Si riprometteva di andare dal direttore, Tommaso d’Angelo,
per felicitarsi. Mise la mano in tasca e tirò fuori la pagina con l’articolo. “Occhio alla firma!” esclamai.
Era quella di mio figlio Antonio, che aveva trasmesso il servizio, corredato di
fotografie, dalla metropoli
statunitense.
© Sigismondo Nastri
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