Fresco d’inchiostro, è appena uscito, per la giovane casa editrice Arcoiris di Salerno, con una bella copertina di Raffaele Di Somma, “What was that dress? Iconografia dell’abito
hollywoodiano” di Gaia Stella
Sangiovanni, primo volume della collana “Nastri d’argento”, diretta da Manuela Nastri. Vi è affrontato con
cura – nota nella prefazione Marta Martino –
“tutto il lavoro sull’abito
hollywoodiano", in modo particolarmente interessante, mettendo in evidenza
“l’attenta sinergia e cooperazione, che a
partire dai primi anni Trenta si verificava tra costume designer, studio
cinematografico e quel comparto chiamato Modern Merchangising Bureau”.
“La
stratificazione delle competenze che abbiamo di fronte quando guardiamo alla
moda e al cinema – spiega Marta Martino – complica, dal punto di vista di organizzazione economica e di
marketing, le modalità di circolazione e la creazione di tendenze. La
ricostruzione storica va affrontata recuperando i primi magazine che facevano
riferimento agli abiti portati in scena, al power puff e altri tipi di
strategie che arrivano fino ai giorni nostri, in cui la concezione dell’unione
tra cinema e moda è veramente molto profonda". Sotto questo aspetto – aggiunge – quello della Sangiovanni è "un lavoro che ci aiuta a complicare l’esperienza
cinematografica, rendendola un’esperienza da sfogliare”.
Gaia Stella Sangiovanni – lo dichiara lei stessa –
ha cercato di seguire un filo rosso attraverso la storia del costume
cinematografico e le sue influenze sulla società – da dove vengono e se sono
casuali –, interrogandosi sulle modalità di costruzione dell’abito, e ha
cercato “di identificare una forma di
funzionamento dello stile e del suo ritorno, seguendo, per questo particolare
obiettivo, l’analisi e la riflessione di Jean Marie Floch sul total look Chanel”.
Partendo dal cinema delle origini, i temi affrontati sono veramente tanti: gli anni d’oro: il trionfo del glamour sul
grande schermo; post-classical era e collaborazioni fra stilisti e cinema; la
moda entra nel cinema: evoluzione dei rapporti fra cinema e moda; il costume
nel cinema; nascita della figura del costume designer; role of glamour: designer storici e il caso
emblematico di Edith Head; costumista vs stilista; l’attore e la moda; storie
di identità in rapporto con l’abito; Marlene Dietrich, Katharine Hepburn,
Audrey Hepburn, Diane Keaton; il cinema e la moda riflettono la società; Easy
Rider e la rappresentazione delle sottoculture; Giorgio Armani e il rapporto
con il cinema; il cinema degli/sugli stilisti e il concetto di brand.
Nelle conclusioni, l’autrice affronta il problema
delle nuove sinergie fra audiovisivo e moda; “ad esempio – scrive –, alcune
serie televisive, che in questo momento sembrano presentare la vera frontiera
dell’innovazione audiovisiva, attuano sia processi di brandizzazione dello
stile cinematografico, presentando modi di ripresa e montaggio in linea con l’atmosfera
dell’universo finzionale messo in scena creando così una sorta di ‘stile della
serie’, e allo stesso tempo adottano una tendenza vestimentaria particolare che
porta visibilità prodotto audiovisivo anche sulla base di un consumo culturale,
non legato solo alla fruizione, ma anche all’acquisto-appropriazione di abiti e
trend”.
Il libro (€ 12.00) è reperibile sul sito di Edizioni Arcoiris
al link
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