Il Padre Bonaventura da Potenza,
dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, fu
beatificato dal Papa Pio VI
il 26 novembre 1775, nello splendore della Basilica di San Pietro. Quel giorno,
le campane suonarono a distesa non solo nello scenario solenne del colonnato
del Bernini, ma anche a Ravello, il paese della Costa d’Amalfi dov’egli aveva
svolto il suo ministero, che ora ne custodisce le spoglie mortali, ed a
Potenza, la città che gli aveva dato i natali. Da allora, i suoi devoti
attendono fiduciosi la conclusione della causa di canonizzazione, in corso dal
1853. E continuano, intanto, a invocarlo con fede nelle loro necessità. Carlo Antonio Gerardo,
figlio di mastro Lello
Lavanca e di Caterina
Pica, nacque nel
capoluogo della Basilicata il 4 gennaio 1651 e sin da piccolo manifestò una
spiccata vocazione religiosa. Appena quindicenne, vestì l’abito nel convento di
S. Francesco a Nocera Inferiore prendendo il nome di Fra Bonaventura. L’anno
seguente fu avviato agli studi umanistici ad Aversa e vi rimase fino agli inizi
del 1768. Poi fu trasferito a Maddaloni, quindi a Lapio. Per otto anni, dal
1672 al 1680, esercitò il ministero ad Amalfi, nel convento di S. Francesco -
sul piccolo promontorio che separa la città dalla vicinissima Atrani -,
fondato, secondo la tradizione, dal Poverello d’Assisi. Qui ricevette
l’ordinazione sacerdotale. Ad Amalfi ebbe come guida spirituale un suo
conterraneo, Padre Domenico
Girardelli, che era di Muro Lucano, scomparso nel 1683 in
concetto di santità. Altre tappe del pellegrinaggio del Padre Bonaventura
furono Napoli e il suo hinterland, Capri, Ischia, poi ancora Nocera e
finalmente Ravello dove giunse il 4 gennaio 1710. Vi morì il 26 ottobre
dell’anno seguente dopo aver subito un'operazione per l'asportazione di una cancrena alla gamba. La sua tomba, sotto l'altare maggiore, nella chiesa del convento,
dedicata a S. Francesco, è meta del devoto pellegrinaggio del popolo
potentino che vi si reca ogni anno, col sindaco, a portare l’olio che
alimenta la lampada votiva offerta dalla città capoluogo della
Basilicata.
Sul Beato Bonaventura
esiste una densa bibliografia che si apre con la “Vita” scritta da F. Giuseppe Maria Rugilo,
pubblicata nel 1754, e si chiude con un’opera pregevolissima per i contenuti e
per la veste grafica, “Il pellegrino della Costiera”, di cui è autore Padre Gianfranco Grieco,
dei Frati Minori Conventuali, giornalista dell’Osservatore Romano, edita nel
1989 con la presentazione del Cardinale
Michele Giordano. Questo a dimostrazione dell’importanza del
personaggio e di un carisma che è giunto a noi intatto a tre secoli di distanza
dal suo passaggio sulla scena terrestre. Come nota il Rigilo, egli visse “da
innocente, da penitente, e da Apostolo. Non ebbe molta letteratura; ma non ne
fu nudo del tutto… Fu di poche parole, e parlò regolarmente con voce bassa e
soave. Ebbe volto facile ad accendersi, florido e giovanile, fino all’ultima
vecchiezza; né portò mai sembianza d’Uomo mortificato”. Aggiunge Gianfranco
Grieco che si bruciò di un “amore senza limiti” verso i poveri, esercitò la
virtù della pazienza, mortificò giorno e notte la sua carne, visse con
“illibata purità”, preferì la povertà ad ogni bene. Fu protagonista, già in
vita, di episodi prodigiosi. Ma furono i miracoli compiuti post mortem, approvati da Papa Clemente XIV dopo
severe indagini, a determinarne la beatificazione. Il Rugilo ne dà ampia
notizia, desumendola dagli atti processuali. Cito alcuni casi: una suora
affetta da “maligne pustule intorno alla regione del naso”, un fanciullo
colpito da “bruttissima lebbra per tutto il corpo”, un frate precipitato dal
campanile della chiesa di Ravello e ridotto in fin di vita. Tutti tornati
istantaneamente e perfettamente sani al contatto con il sepolcro del Padre
Bonaventura.
Il quale – sottolinea
Gianfranco Grieco – praticò l’umiltà e fece della “obbedienza eroica” l’idea
fissa di tutta la sua vita di consacrato a Cristo, alla Chiesa, all’Ordine, al
popolo. Sintetizzando, potrei dire che
era un semplice, di mente e di cuore. Qualche esempio illuminante: “A Capri,
per obbedienza al suo superiore restò per un giorno intero nell’orto del
convento. I fatti andarono così. Il Padre Superiore venne chiamato d’urgenza
per mettere pace tra due litiganti che dalle parole stavano purtroppo, come
spesso accade, passando ai fatti. Il Padre Guardiano si trovava nell’orto
insieme con padre Bonaventura. ‘Aspettami qui, perché ritorno fra poco’. ‘Sì’ –
rispose il Padre Bonaventura. Ma, quel ‘fra poco’ durò un giorno intero. E
quando il Superiore ritornato a casa chiese ai religiosi dove si trovasse Padre
Bonaventura nessuno seppe dare risposta. Stava ancora nell’orto in attesa di
ricevere un altro ordine dal suo superiore…”. Ad Amalfi, “era un caldo mattino
d’estate, mentre portava tra le mani un pezzo di ghiaccio, Fra Bonaventura incontrò
il Padre Superiore della fraternità conventuale al quale chiese dove portarlo.
‘Portalo nell’armadio della sagrestia’ – gli rispose con tono faceto il
Superiore volendo sottolineare l’inutilità della domanda –. Ma, Bonaventura
prese alla lettera l’indicazione del Padre Superiore e depose il pezzo di
ghiaccio nell’armadio degli arredi sacri. Venuta l’ora del frugale pasto il
Superiore non vedendo a tavola il ghiaccio, chiese a Fra Bonaventura dove mai
fosse andato a finire il pezzo di ghiaccio avuto in elemosina in mattinata.
‘Nell’armadio della sacrestia’ – rispose –. Meravigliati da tanta ingenua e
disarmante obbedienza i religiosi accorsero in sagrestia e con grande stupore
trovarono il pezzo di ghiaccio intatto e asciutti gli indumenti sacerdotali”. Mi
tornano subito alla mente le parole di Gesù: “Beati i poveri di spirito, perché
di essi è il regno dei cieli… Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. La
festa del Beato Bonaventura è il 26 ottobre.
© Sigismondo Nastri
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