Questa notte di
Halloween - lo scrissi l'anno scorso e lo ripeto ora - non mi appartiene. E non mi piace. Anche se devo riconoscere - facendo mia l'opinione espressa una volta da Roberto De Simone - che essa ha qualcosa in comune con le nostre tradizioni. Quella,
ad esempio, che ai miei tempi si raccontava ai bambini (diceva così anche mia madre, quando ero piccolo): la notte di
Ognissanti le anime dei defunti tornano sulla terra per restarci
fino al giorno dell’Epifania. Solo che, allora, ne ero terrorizzato. Altro che divertimento! Al contrario, gli adulti, che ci credevano (non era un gioco, perciò), si sentivano
rincuorati dalla supposta presenza - invisibile e impalpabile - dei
propri cari trapassati.
Mi piace la zucca, la
preparo in tanti modi, ma vederla mostruosamente svuotata e intagliata mi dà
fastidio. E mi dà fastidio pure il "macabro"
divertimento proposto da Halloween.
E poi mi chiedo:
possibile che dobbiamo recepire queste “contaminazioni” che ci arrivano
dall’esterno? Qui si tratta proprio di “una forma di colonizzazione economica
del nostro paese”, la cui conseguenza è la pressoché totale cancellazione della
ricorrenza di tutti i Santi.
Nessuno può disconoscere che la scristianizzazione della nostra società, e il consumismo imperante, pur in tempi di recessione economica, hanno portato alla trasformazione delle
principali ricorrenze religiose in riti pagani. Un sito internet mi faceva notare che
l’Epifania s’è trasformata nella Befana, “una sorta di strega,
che cavalca di notte una scopa – come nelle peggiori tradizioni dei Sabba
satanici – portando doni ai bambini"; il carnevale non è più
un momento di preparazione della quaresima; il lunedì dell’Angelo è diventato la "pasquetta", destinata
alle scampagnate e alle gite fuori porta; la stessa festa dell’Assunzione ha perduto il suo significato più alto, quello di
celebrare l'ascesa al cielo in carne e ossa della Mamma celeste, ed è
intesa invece come "ferragosto", occasione di baldorie e ricche
libagioni.
Tutto ciò è conseguenza, non lo si può negare, di una
profonda rivoluzione, dovuta alla globalizzazione, alla evoluzione dei costumi,
al mutato quadro politico-sociale. Bisogna tuttavia ammettere che è avvenuto anche per un certo lassismo della Chiesa, soprattutto a
livello di parrocchie, che hanno perduto il loro ruolo di guida e punto di riferimento soprattutto nei confronti delle giovani generazioni. Al punto da farle definire - dallo stesso Sinodo dei Vescovi - “gigante addormentato”.
Occorre - scrivevo il 31 ottobre 2012, e lo ribadisco - che
gli "addetti ai lavori" (e ogni credente per la propria parte) ne prendano
coscienza. E occorre, ora, che ciascuno faccia propria la spinta al rinnovamento e a quella nuova evangelizzazione reclamata con forza da Papa Francesco. Ricordo qui le sue parole: “Permettiamo ai carismi di tornare a rivivere in tutto il popolo di Dio.
Ogni cristiano, dal momento che fa parte del Corpo di Cristo, deve percepirsi
corresponsabile con gli altri fratelli della nuova evangelizzazione, non in
forma generica, astratta, ma a partire dal carisma ricevuto e posto al servizio,
perché ad essere ammirata sia sempre la comunità ecclesiale, non uno o pochi
esperti, né questo o quel movimento, peggio ancora gli uni contro gli
altri”.