sabato 29 giugno 2013

"HO COLTIVATO SOGNI", IL MIO LIBRO DI POESIE



“Ho coltivato sogni”, edito da De Luca, con l'autorevole prefazione di Rino Mele, è il libro nel quale ho messo insieme,  ripartite in sezioni, le mie poesie.  Quelle che sono riuscito a recuperare dalle carte e dalla memoria del computer. Molte altre, riferite in particolare agli anni della giovinezza, non le ho trovate e penso che siano andate perdute. Vi ho inserito anche quelle di Acquamorta, la breve silloge edita da Rebellato nel 1970, ormai introvabile. 
Non sono in grado di prevedere come esso sarà accolto. E, ad essere sincero, non me ne importa neppure. A settantotto anni suonati, mi posso difendere dalle critiche adducendo la giustificazione della vecchiaia, con connessa... arteriosclerosi.
Battute a parte, chiarisco subito che non ho ambizioni letterarie: alla mia età non è più tempo di averne. Considero, però, la poesia il mezzo più spontaneo e immediato per manifestare le mie emozioni, i miei sentimenti. Per raccontare momenti di vita vissuta. Per rendere gli altri partecipi dei miei sogni. È quello che ho inteso fare, confortato dall'alto magistero di Ferdinando Pessoa: "Dalla più alta finestra della mia casa / Con un fazzoletto bianco dico addio / Ai miei versi che partono verso l’umanità. / E non sono allegro né triste. / Questo è il destino dei versi. / Li ho scritti e devo mostrarli a tutti / Perché non posso fare il contrario". Ecco, io mi sono lasciato coinvolgere proprio dal messaggio del grande poeta portoghese, oltre che dalle sollecitazioni di  amici fraterni, che ringrazio.
D’altronde, la poesia - oso dire - non è (o non dovrebbe essere) privilegio di una élite culturale, perché essa è connaturata all'essere umano. Non è neppure invenzione di oggi: ha percorso tutta la storia dell’umanità. Ho conosciuto persone, pressoché analfabete, in grado di esprimersi, in maniera addirittura coinvolgente, in forma poetica. Se mai, mi chiedo – non senza apprensione – quale possa essere il futuro della poesia in una società che è sempre più preda di un progresso tecnologico destinato a condizionare irreversibilmente le giovani generazioni. Una società che vede i ragazzi impegnati a sostituire il nostro linguaggio con quello, non so quanto più efficace, degli sms.  Ci ho provato anch’io, giusto per gioco, e non so con quale risultato.
E' una preoccupazione, la mia, sul futuro della poesia, che trovo già espressa da Alberto Bevilacqua: “La collettività contemporanea  (ved.: “Difendiamo la sorgente dei sogni”, Corriere della sera, 13 giugno 2009, pag. 42)  sta subendo un processo riduttivo in cui il sogno, il mito, l’immaginazione vengono pugnalati dalla concretezza. Col rischio di società assopite, se non addormentate, ma prive di sogni. A favore del cinismo. Senza poesia, finiremo per non provare più umana sintonia con gli altri (e con noi stessi), semmai un calcolato esercizio dell’intelligenza. Abbiamo bisogno della poesia perché ci difende dal troppo rumore che frastorna e ci consente di ascoltare le suggestive parole con cui l’uomo dà vita al silenzio dei propri sentimenti”.
D’accordo con l’editore, ho scelto di non destinare il libro alla vendita, ritenendo che la poesia non sia "merce" commerciabile.  Vorrei, tuttavia, utilizzarlo per la raccolta di fondi a favore di una associazione che svolge attività umanitaria.  Quanto meno per dargli una utile funzione sociale.
27.6.2013
                                                                                          Sigismondo Nastri 

Nessun commento:

Posta un commento