C’è una frase
di Jackson Pollock che mi torna subito alla mente mentre osservo, nella sua
bottega-studio, a due passi da casa mia, i più recenti dipinti di Adriano
Paolelli, che saranno esposti dal 18 al 25 aprile nella bella sala
dell’Archivio dell’Architettura Contemporanea in via di Porta Elina a Salerno.
“L'arte astratta – diceva il pittore americano, uno dei protagonisti
dell’Action painting - dovrebbe esser
goduta come la musica". Vero.
Adriano Paolelli |
Nell’astratto, invece, e mi riferisco in particolare a Paolelli, pervenuto a questa esperienza attraverso un intenso percorso che ha esplorato anche altre vie - nella pittura, nella scultura, nella ceramica -, le immagini, pur provenienti dal mondo reale, si sciolgono in macchie, dando origine a quello che Paolo Romano, nella presentazione della mostra, definisce “oggetti assenti”. Qui, sia ben chiaro, dove il reale diventa non-reale, il visibile non-visibile, l’essere si trasforma in non-essere, l’astrattismo non scade mai in vuoto decorativismo. Tutt'altro. Nell'opera d'arte - e vale soprattutto per l'arte astratta - conta non tanto quello che si offre alla vista, e che vi è rappresentato, ma quello che in essa riusciamo a "leggere", anche se non è espresso discorsivamente. In Paolelli la estrema semplificazione - assenza addirittura - del segno grafico, contrapposta alla esaltazione dell’apparato cromatico, è manifestazione palese della sua spiritualità, del suo mondo interiore.
Dall’intreccio
e dalla sovrapposizione dei colori, a volte realizzato in modo armonico, altre
volte con accentuati contrasti, nasce – cito ancora Romano – quella
“preziosa tessitura semiotica che
Paolelli riesce a costruire, attraverso un severo processo di progressiva
scarnificazione dei tratti che si oppone alla convenzionalità del
linguaggio”. Linguaggio, sottolineo, non volto a suggestionare lo spettatore, il fruitore dell'opera, ma a rendere manifesto, attraverso un attento e abile uso della tavolozza, il “proprio
vissuto emozionale”. Per questo – nota Paolo Romano -, “nel gioco delle combinazioni,
il colore è matrice di tutti gli abbecedari, di tutti i parolieri, di tutti i
dizionari: poche parole, sapientemente sottratte al caso e al caos, entrano
come schegge verbali nelle galassie circoscritte nella tela dai colori ad olio”.
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