Venerdì
scorso, 12 aprile, Aldo Masullo ha compiuto novant’anni,
omaggiato da tutto il mondo della cultura, non solo accademico: per quello che egli è, per quello che è
stato, per la testimonianza di una vita interamente spesa nella ricerca filosofica, nell’insegnamento universitario,
anche nell’impegno politico.
Ieri, sul “Roma”, edizione di Salerno, Rino Mele gli
ha dedicato una poesia: “Hai attraversato la pianura, i vicini sentieri delle /
montagne, con una grande coda una volpe ti segue, s’alza sulle ali, / è un
piccolo falco / nel volo, vorresti sentirne la voce, / lo stridere nell’aria,
il ruolo doloroso di preda / predace, volpe / e sparviero. Conosco la tua
antica ansia, il sapere / che s’addolora, la dolcezza / pietosa di sentire come
la cosa più ferma siano le / parole senza peso, il battito numeroso / delle
ali, il pensiero che ha sonno e non ha pace”.
Lungi da me l’idea
di mettermi a tracciare un profilo del personaggio, a ripercorrerne il "cursus honorum": non ne sarei neppure capace. Del professore Masullo, però, mi piace riportare
qui una breve riflessione, estrapolata da una intervista (http://magazine.unior.it/ita/content/intervista-al-filosofo-aldo-masullo), che mi sembra
particolarmente significativa e di grande attualità: “Per mia natura non sono né ottimista, né pessimista, e
nemmeno esaltatore del passato o del futuro. Mi ritengo, piuttosto,
criticamente realista: c’è sempre il drammatico conflitto tra il nostro bisogno
di permanenza e l’inevitabile cambiamento delle cose che ci circondano. […] non
vi è mai una qualità unica del mondo; questo è sempre un complesso di qualità
positive o negative, alcune che sono divenute emergenti, altre che si sono
dileguate, e in ogni caso il mondo è come un quadro molto complesso,
incessantemente mutevole. Si deve avere la forza di dire, di pensare e di
educare i più giovani al fatto che il mondo ha sempre la forma che riusciamo a
dargli con la nostra volontà e con il nostro coraggio: il coraggio di vivere.
Questo coraggio bisogna a tutti i costi cercare di evitare che i giovani
perdano, di fronte a difficoltà che appaiono sempre più grandi e
insormontabili”.
Poi c’è una
dichiarazione, da lui resa nella ricorrenza del novantesimo compleanno, che vorrei far mia. Anche se di anni sto per
compierne appena settantotto: “I bilanci sono una specie di computisteria
della vita vissuta, che non è mai riducibile in termini di calcolo. Dunque se devo
proprio farne uno, scelgo un bilancio preventivo: a novant’anni preferisco
guardare al futuro piuttosto che al passato”. E’, anche questa, una bella lezione di filosofia, alla quale - giunti a un certo punto dell’esistenza - dovremmo tutti adeguare le nostre azioni, i nostri comportamenti.
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