Barbara Bouchet - riferisce il comunicato stampa firmato da Daniela Lombardi - è "un nome, una garanzia". Condivido, eccome. Ho avuto modo di conoscerla il 6 luglio 1993, in occasione di una manifestazione ad Amalfi. Eravamo a cena, in una folta tavolata all'hotel Luna, c'era anche mia moglie, avemmo modo di dialogare per un po' di tempo. Il ricordo che conservo è quello di una donna affascinante, intelligente, brillante, dotata di un humour tipicamente... partenopeo.
Certo, la conoscevo come attrice bellissima, dotata di forte sex appeal. Leggo che si sta affermando anche come pittrice. Il Museo Macia del Costarica, per la Mostra
che si terrà a giugno e luglio nello splendido Palazzo Merati a Venezia,
ha selezionato le sue opere ritenendole particolarmente rappresentative nel
contesto dell’arte contemporanea. Lo confesso, non sapevo di questa nuova attività.
I suoi quadri racchiudono “le preziose geometrie del colore”. Lo sottolinea il critico Paolo Levi, che aggiunge: “Il
quadro è un soggetto magico, e come tale, secondo i canoni del Cubismo, è
immerso in uno spazio indefinito. Queste considerazioni sono quanto mai
utili per spiegare le ricerche compositive di questa gentile signora cecoslovacca,
italiana d’adozione, che si dedica all’arte in parallelo, ma con uguale
dedizione, alla sua felice professione di attrice. I suoi lavori sono di una
rigorosa purezza geometrica e, a volte, alludono alla figurazione.
Entrambi i momenti mi affascinano per la serenità che emanano. In queste sue
ricerche, la pittrice evita il facile utilizzo di moduli fissi con variabili.
Sono occasioni compositive non casuali, momenti emblematici dove Barbara
Bouchet non ripete mai se stessa, optando per una ricerca severa. Opera
realizzando puzzles di geometrie euclidee, attraverso contrappunti cromatici
atonali e armoniosi, accostando le cromie di base, ed evitando i contrasti. Non
comunica i retorici messaggi esistenziali di molti artisti astratti del
passato, privilegiando piuttosto la concretezza dell’immagine fatta di angoli
retti, di semicurve, di segni e di segnali ben inseriti nello spazio della
composizione. Definirei queste ricerche come il bel risultato di una
costruzione ragionata. La sua sperimentazione visiva è tanto più accattivante
quanto più si esercita sull’economia di pochissimi elementi ottici che si
traducono in momenti cromatici prospettici, organizzati e conclusi come le note
di uno spartito musicale. Evitando l’utopico gioco dei piani, la Bouchet guarda
soprattutto all’essenzialità del colore. Esaminando con accortezza queste sue
ricerche asettiche, ci si avvede di un percorso sperimentale che, partendo da
spunti soggettivi e autobiografici, è approdato per sottrazione, ad una ricerca
oggettiva. Le forme si sono via via alleggerite, perché la coscienza fatta di
ragione ha portato la pittrice a costruire la bellezza dell’armonia e la
purezza cromatica racchiudendole entro una forma sempre più espressivamente
sintetica e responsabilmente strutturata".
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