Credo che Cosimo Budetta, se fosse vissuto in altra
epoca, molto indietro nel tempo, avrebbe fatto il miniaturista. Lo immagino, e
non so dire perché, a decorare, nel
silenzio di un monastero, antichi manoscritti. Forse per una certa sacralità
che intravedo nel suo incedere, nel suo interloquire, resa più solenne dalla
barba brizzolata. Ma è una mia suggestione, questa, della quale sono ancor più
convinto dopo che ho visitato, l’altra sera, la mostra allestita presso l’Archivio
di architettura contemporanea in via di Porta Elina a Salerno. Luogo arioso, accattivante,
in pieno centro, che una volta era occupato da un panificio. Giusta la nuova
destinazione a sala di esposizioni: perché l’arte - la cultura, nelle sue varie sfaccettature - è
pane, seppure inteso come alimento dello spirito.
Cento acquarelli alle pareti, piccolissimi, realizzati
su raffinato supporto cartaceo. Quasi a comporre altrettante pagine di un unico
libro, con un appena percettibile filo conduttore: una storia non da raccontare
esplicitamente – solo in pochi casi c’è l’ausilio della didascalia – ma da
offrire alla nostra immaginazione, alla nostra fantasia. E non fa niente se
essa prevarica quella dell’autore: compaiono, così, innanzi agli occhi, cavalli
rampanti, tori, uccelli, segni zodiacali, ma anche esplosioni stellari, aurore boreali,
tempeste tropicali, e così via. Il
disegno è tagliente, deciso - a “punta
di coltello”, mi verrebbe da dire -, con linee che s’intersecano (il titolo
della mostra è “Intersezioni”) a formare triangoli, trapezi, dentro i quali scivola
il colore, luminoso e vibrante nelle sue svariate sfumature: che di volta in
volta è rosso, turchese, verde, giallo, blu, bronzo. Con chiazze di bianco tratte
dalla carta stessa. Budetta gioca come se la pittura fosse per lui – certo che
lo è! - un puro e semplice divertissement. Ma è, nello stesso tempo, e soprattutto, lucidissimo esercizio di tecnica, virtuosismo,
inventiva, rielaborazione e sintesi di
un lungo percorso artistico, compiuto in Italia e fuori, tale da meritargli l’apprezzamento
di personalità del livello di Gillo
Dorfles (per citare il più anziano e il più autorevole). In sintesi, esercizio
di poesia.
Cosimo Budetta (a destra) con Gillo Dorfles |
C’è da dire che Cosimo Budetta è un artista sui
generis, non legato alle mode e neppure al mercato. “Un artista assolutamente singolare - lo definisce Mario Lunetta -, che si muove da maestro sia nelle grandi
dimensioni pittoriche e scultoree che nella ceramica e negli spazi esigui della
pagina a stampa”. Questo gli consente di esprimersi in assoluta
libertà: in tutte le manifestazioni della sua personalità. Nella ideazione e realizzazione di preziosi, quanto introvabili, "libri d'artista", in comunione con gli esponenti di maggiore spicco del mondo letterario nazionale, che sono veri capolavori. Dove i disegni, irridenti, graffianti, fanno pendant con filastrocche, scioglilingua, accostamenti di parole surreali o grottesche. A condizionarlo è, forse, solo il carattere schivo, lontano da ogni forma di mondanità. Eppure, all’inaugurazione
della mostra, ieri sera, c’era un gran pubblico, composto da gente (anche
giovani!) interessata, competente. Che ha seguito con attenzione il
talk-show moderato dal giornalista
Marcello Napoli, animato dagli interventi puntuali di studiosi e critici - Francesco D’Episcopo, Gerardo Pedicini, Nicola
Scontrino -, dopo il saluto istituzionale di Ermanno Guerra, assessore comunale
per la cultura.
Nessun commento:
Posta un commento