Dipingere la luce? Si può, se
questo è il dato caratterizzante della pittura di Athos Faccincani che ho rivisto ieri sera, dopo averlo conosciuto
nel 1989 in occasione di una mostra a Positano. Stavolta l’incontro –
ho scambiato poche parole con lui (non
era il momento di intavolare una discussione) - è avvenuto nella galleria “Il Novecento”
a Salerno, dove s'è inaugurata una sua “personale”.
A ventiquattro anni di distanza, noto che i temi privilegiati dall’artista veneto sono, per larga parte,
gli stessi: le marine assolate colte nell’atmosfera calda del mattino o nel
quieto torpore del meriggio. Con una predilezione per Positano: paese verticale, come altri hanno scritto, ed
è vero. Credo che Faccincani, da quando vi è arrivato la prima volta, si sia lasciato
conquistare dal caleidoscopio di colori che il luogo ti riflette negli occhi. Ergo, dalla
sua luce.
Poi ci ha aggiunto del suo: i
fiori, tanti. In certe opere, intere praterie. Fiori rossi e gialli. Rose,
ortensie, papaveri, peonie, buganvillee. E neppure come sfondo, ma protagonisti degli scorci ripresi dal pennello: grappoli di case, abbarbicati
alla montagna che scende da Montepertuso fino a mare; candide vele tese dal vento, a tagliare le onde.
Rispetto al 1989, nelle opere qui esposte trovo una più intensa carica cromatica – la scena è spesso dominata da un rosso
sanguigno – e un rapporto più marcato tra i
piani. Ma se, come dicevo all’inizio, i temi continuano a essere gli stessi (non solo Positano, ovviamente, anche altri luoghi di grande fascino), la conclusione non può essere che questa: Faccincani propone una pittura collaudata, coinvolgente, che piace a
una folta schiera di collezionisti. In Italia e oltre confine. Non è cosa da poco!
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