Venerdì 8 marzo, alle ore diciannove, presso la Sala Valeriano
in Piazza del Gesù 2 a Napoli, è in programma un incontro-dibattito su “Medico e
malato di fronte alla sofferenza ed alla morte: dialogo fra culture”.
Vi parteciperanno: Paolo Gamberini, gesuita, docente di Teologia
dogmatica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez.
S. Luigi; Aldo Masullo, filosofo, professore emerito di Filosofia Morale
dell’Università di Napoli; Giulio Parnofiello, gesuita, docente di Teologia
Morale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. S.
Luigi.
L’incontro è promosso dal Centro Culturale “Gesù Nuovo” -
Gruppo Sanità con lo scopo di offrire momenti di riflessione sull’impatto che
sofferenza e malattia hanno sull’uomo
malato. Si vuole, inoltre, riflettere su come nella cultura
contemporanea, poco abituata a
confrontarsi e ad accettare i propri limiti, vi sia una sorta di rimozione
della morte, con ripercussioni anche
nella cultura medica, per cui i malati
terminali, sovente, sono confinati in una sorta di “limbo” ospedaliero, dove il
personale sanitario, abituato per tradizione al contatto con la morte, ha
difficoltà, nonostante le proprie competenze,
ad accompagnare l’uomo morente.
L’incontro propone il confronto tra culture diverse,
intrecciando percorsi mentali non preordinati.
Credo che vada evidenziato qui il significato forte che ha
questa iniziativa, che si svolgerà nel luogo in cui è più avvertita la “presenza”
di quel grande clinico che fu san Giuseppe Moscati, medico del corpo e delle
anime. Il quale, in una lettera al mio antenato Antonio Nastri, suo collega e
amico, in data 8 marzo 1925, così scriveva: "Il medico si trova poi in una posizione
di privilegio, perché si trova tano spesso a cospetto di anime che, malgrado i
loro passati errori, stanno lì lì per capitolare e far ritorno ai principii
ereditati dagli avi, stanno lì ansiose di trovare un conforto, assillate dal
dolore. Beato quel medico che sa comprendere il mistero di questi cuori e infiammarli
di nuovo. Ma è indubitato che la vera perfezione non può trovarsi se non
estraneandosi dalle cose del mondo, servendo Iddio con un continuo amore, e
servendo le anime dei propri fratelli con la preghiera, con l'esempio, per un
grande scopo, per l'unico scopo che è la loro salvezza".
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