Sabato 9 febbraio, alle ore 19.00, alla mediateca Marte di
Cava de’ Tirreni (corso Umberto I n. 137), s’inaugura la mostra di Mary Cinque,
“Urban stories”, che rimarrà aperta fino al 3 marzo (dal martedì alla domenica,
ore 17-20). E’, questo, il terzo appuntamento di un ciclo di esposizioni
progettate e curate da Ada Patrizia Fiorillo con la collaborazione di Linda
Gezzi e Maria Letizia Paiato.
Mary Cinque presenta circa trenta opere: tele e carte di piccole e medie dimensioni
appartenenti a cicli diversi, tenuti insieme da un filo comune, riferite a
storie che appartengono all’urbano, come il titolo sintetizza. Si parte da
“Display”, tele formato mattonella, raffiguranti oggetti quotidiani cui
l’artista presta attenzione accogliendo sollecitazioni dalle forme del nuovo
design, dalle seduzioni indotte dalla capacità dell’uomo di progettare ed
immaginare, per continuare con “Lifelines”, opere su carta dal taglio
squisitamente grafico, che inquadrano architetture a sviluppo lineare, fino ad
arrivare alle serie “Titled” e “Berlin”, propriamente dedicate al tema della
città. L’urbano, dunque, nelle sue
sfumature più varie, ma anche nelle sue più varie geografie, giacché lo sguardo
con il quale l'artista affronta tale soggetto è proprio quello di una
viandante, nutrita di viaggi, di relazioni costanti con i luoghi che ha
abitato, non per questo privata di radici, di quei valori che porta dentro.
«È
la metropoli moderna - nota Ada Patrizia Fiorillo - a catturare lo sguardo di
Mary Cinque.
Uno sguardo disincantato, ironico e profondo che di contrappunto ella veste di semplicità e di fuggevolezza, servendosi di primo acchito dell’istante, dello scatto del mezzo fotografico. Quell’attimo passato che l’artista ritrascrive, consegnandolo all’orizzonte immaginativo che la sua pittura declina, quindi al futuro. Tale è l’iter sul quale si costruiscono le esperienze creative di Mary Cinque: da quegli oggetti del desiderio e della memoria, ai reticoli anonimi e seriali di una città le cui tracce di vita sono affidate alla luce, alla capacità che il colore ha, in sinergia con il segno, di organizzare gli spazi, di farsi materia espressiva, fino a quegli spaccati metropolitani dove silhouette si muovono alla stregua di quelle tratte da un racconto di animazione. L’artista tira così le somme del suo dialogo con la realtà apparentemente richiamata tutta in superficie. Non bisogna però cedere all’inganno, perché dietro di essa si celano riflessioni ed un modo tutto suo di intercettare il presente che lascia al filtro di quei sottili spiragli luminosi il compito di scoprire a se stessa in primo luogo ed agli altri il senso del suo essere testimone del tempo».
Uno sguardo disincantato, ironico e profondo che di contrappunto ella veste di semplicità e di fuggevolezza, servendosi di primo acchito dell’istante, dello scatto del mezzo fotografico. Quell’attimo passato che l’artista ritrascrive, consegnandolo all’orizzonte immaginativo che la sua pittura declina, quindi al futuro. Tale è l’iter sul quale si costruiscono le esperienze creative di Mary Cinque: da quegli oggetti del desiderio e della memoria, ai reticoli anonimi e seriali di una città le cui tracce di vita sono affidate alla luce, alla capacità che il colore ha, in sinergia con il segno, di organizzare gli spazi, di farsi materia espressiva, fino a quegli spaccati metropolitani dove silhouette si muovono alla stregua di quelle tratte da un racconto di animazione. L’artista tira così le somme del suo dialogo con la realtà apparentemente richiamata tutta in superficie. Non bisogna però cedere all’inganno, perché dietro di essa si celano riflessioni ed un modo tutto suo di intercettare il presente che lascia al filtro di quei sottili spiragli luminosi il compito di scoprire a se stessa in primo luogo ed agli altri il senso del suo essere testimone del tempo».
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