Il pensiero del primo giorno dell’anno, che dodici mesi fa
dedicai all’allegria, stavolta è riservato alla speranza, che sta, come in un
sandwich, stretta tra due sentimenti contrastanti: l’ottimismo, per l’appunto, e
il pessimismo.
La Speranza, nella Iconologia di Cesare Ripa |
Ecco,
perciò, il ricorso alla speranza che, pure, a sentire Albert Camus, “al contrario di
quanto si crede, equivale alla rassegnazione”. E vivere, aggiunge lo scrittore
francese, “non è rassegnarsi”. Giusto. Anche un nostro proverbio –
lo abbiamo spesso sentito ripetere dai genitori e dai nonni – ammonisce: “chi di
speranza vive disperato muore”.
Per Aristotele, la speranza è “un sogno fatto da svegli”. Solo che i sogni sono fotosensibili, svaniscono alla luce del
giorno.
Mentre mi tormento la mente con citazioni letterarie e pensieri per nulla rasserenanti,
mi chiedo che senso abbia affidarsi alla speranza in una situazione così compromessa.
La risposta la trovo in Georges Bernanos che scrive: “la speranza è una
virtù, virtus, una determinazione eroica dell’anima. La più alta forma di
speranza è la disperazione vinta”.
Faccio mia anche la frase di Cicerone: “Dum vita est, spes
est” (finché c’è vita c’è speranza).
“La speranza - leggo poi in una riflessione del cardinale Carlo Maria Martini - è un fenomeno universale, che si trova ovunque c'è
umanità, un fenomeno costituito da tre elementi: la tensione piena di attesa
verso il futuro; la fiducia che tale futuro si realizzerà; la pazienza e la
perseveranza nell'attenderlo”. Credo che sia la definizione più appropriata.
E poiché, in fondo, come dicevano gli antichi romani, "homo quisque faber ipse fortunae
suae" (ogni uomo è artefice della propria fortuna), non mi resta che... sperare in quella x appena percettibile, tracciata sulla scheda tra scetticismo, dubbio e diffidenza, nel segreto della cabina elettorale, considerato che di qui a due mesi, volenti o nolenti, saremo noi stessi gli artefici del nostro avvenire, almeno di quello più immediato.
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