Una volta ai bimbi si insegnava questa nenia: "La Befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte..." e così via. La sera del 5 gennaio si appendeva la rituale calza ai piedi del letto e la mattina la si trovava piena di doni. Il mio amico Tonino, stamane, ha ricordato su Facebook quel momento. Si tiravano fuori e si scartocciavano, con una eccitazione incredibile, caramelle (poche, per la verità), confettini cannellini, un franfellicco di zucchero filato - comprati da Giovanni 'a bancarella o Tatore 'o stuorto -, della frutta: mandarini, castagne infornate, fichi secchi, noci e, per quel che mi riguarda personalmente, anche un paio di carrube che a all'epoca - mi riferisco al periodo di guerra - venivano spacciate per cioccolata. E magari, se avevi fatto qualche marachella - un pezzo di carbone (come ammonimento e punizione).
Oggi alla Befana - vecchia, brutta, sdentata, come ce la descrivevano, che vola sulla scopa col sacco a tracolla - non crede più nessuno. I bambini stessi (quando le famiglie sono in condizione di permetterselo) decidono quali regali devono avere. In certi casi vanno insieme con i genitori a sceglierli nei centri commerciali, che sono i luoghi d'acquisto più alla moda.
L'altro
giorno, in un negozio Expert, c'era un signore che stava comprando un Ipad per un figlio di sei anni. Mi trovavo lì a curiosare nelle vetrine e son rimasto allibito. E
poi - m'è venuto da pensare - la tv ci fa sapere che siamo in recessione, che fare la spesa costa sempre di più, che tante famiglie non riescono ad
arrivare alla
quarta settimana del mese! Ho concluso che, certo, quel bambino - decisamente privilegiato
- potrà avere di tutto, ma non vivrà mai la sorpresa, l'emozione, la gioia, il godimento che provavano quelli della mia generazione.
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