venerdì 2 novembre 2012

OGGI, SUL ROMA (CRONACA DI SALERNO) UN REPORTAGE DI ANTONIO NASTRI SULL'URAGANO SANDY A NEW YORK


Il ROMA (Cronaca di Salerno) di oggi pubblica un ampio  reportage di Antonio Nastri, mio figlio, che descrive l'impatto devastante dell'uragano Sandy con New York. Un'esperienza - quella di trovarsi alle prese con una tale calamità - "che può legittimamente farti infuriare con la sorte ma, al contempo, ti consente di verificare come una città così grande sia in grado di far fronte a una simile emergenza".

Il peggior disastro della storia della metropolitana, come lo ha definito il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo - la cui nonna materna era emigrata negli Stati Uniti dalla Costiera amalfitana (Tramonti) -, ha paralizzato letteralmente Manhattan costringendo al buio cinque milioni di americani.

"Quando mancano ancora tre ore all'impatto dell'uragano sulla costa, i primi segnali dell'arrivo di Sandy sono già visibili: piove ormai da diverso tempo, cresce costantemente l'intensità del vento e l'Hudson River e l'East River hanno già rotto gli argini in alcuni punti". E' il momento di chiudersi in casa e aspettare, ammonisce il sindaco Bloomberg.
Ecco, qui di seguito, il testo integrale dell'interessante reportage.


Pianificare per mesi una vacanza di dieci giorni a New York e trovarsi alle prese con l'uragano del secolo è una cosa che può legittimamente farti infuriare con la sorte ma, al contempo, ti consente di verificare come una città così grande sia in grado di far fronte a una simile emergenza. Si tratta di un evento che, come ha dichiarato il governatore dello stato, Andrew Cuomo - figlio d’arte: il padre Mario, che lo ha preceduto nella carica, è originario della nostra terra (mamma tramontana e padre nocerino) -, "ha causato il peggior disastro della storia della metropolitana", paralizzando letteralmente Manhattan e costringendo al buio oltre 5 milioni di americani.
Il mio alloggio, però, non si trova a Manhattan. Ho scelto di prenotare una camera d'albergo a Midwood, quartiere nella zona sud di Brooklyn soprattutto per ragioni economiche: si spende la metà rispetto agli hotel di Manhattan e in mezz'ora di metropolitana si possono raggiungere tutti i luoghi di principale interesse. Già, la metropolitana. Per capire cosa significhi per i newyorkesi questo mezzo di trasporto e comprendere quale danno rappresenti il blocco di tutte le linee basta dire che ogni giorno circa 6 milioni di persone la utilizzano per recarsi al lavoro. Molti newyorkesi neanche hanno l'automobile: è troppo cara (parcheggiare in alcune zone del centro può costare anche 20 dollari l'ora) e poco pratica. Si rischia di rimanere fermi nel traffico. La dimostrazione di quanto questo sia vero l'ho avuta nei primi giorni di vacanza. Mentre mi recavo a visitare il Dakota Apartments (uno degli edifici più esclusivi della città, all'uscita del quale fu ucciso John Lennon e in cui, nell'attico, vive ancora Yoko Ono), sono passato davanti alla sede dell'ABC (American Broadcasting Company), proprio nel momento in cui stava uscendo una celebrity dello star system americano. Non so dire chi fosse (una modella? Un'attrice? Una cantante?), ma le urla dei fans e il grande numero di paparazzi al seguito lasciavano intuire quanto fosse popolare. Quando la star è salita in auto, i paparazzi l'hanno rincorsa... in bici, tanto non sarebbe potuta scappata via.
A tal proposito, devo sotolineare che New York è una delle città più vivibili per gli amanti della bicicletta, grazie soprattutto alle interminabili piste ciclabili volute dal sindaco Bloomberg, uno che ogni giorno si reca al lavoro utilizzando la metropolitana.
Tornando a Brooklyn, ho già detto che ho scelto la mia sistemazione a Midwood per ragioni economiche. Quello che ancora non ho precisato è che Brooklyn è il distretto più multietnico e interculturale di tutta New York. Grazie alle diverse ondate migratorie che si sono succedute negli anni, a Brooklyn convivono, gli uni accanto agli altri, italiani, ebrei ashkenaziti originari dell'Europa centrale, russi, lituani, libanesi, pakistani, afghani e sudamericani. Nel giro di 50 metri dal mio hotel ci sono una piccola sinagoga e una chiesa russa di rito ortodosso, oltre a una miriade di ristoranti che offrono ogni varietà di cibo: dai burritos al falafel, passando per il kebab, il couscous e, ovviamente, la pizza.
C'è stato un tempo in cui Brooklyn non faceva parte della municipalità di New York. Era una cittadina separata. Se fosse rimasta tale, oggi, con i suoi oltre 2 milioni di abitanti, sarebbe la terza metropoli degli Stati Uniti. I suoi abitanti sono prevalentemente pendolari che ogni giorno attraversano l'East River per recarsi al lavoro a Manhattan. In prevalenza, operai e impiegati, persone che non possono permettersi gli affitti esorbitanti e il costo della vita di Manhattan e che affrontano quotidianamente il viaggio in metropolitana assieme ai turisti (pochi, per la verità) che hanno deciso di soggiornare a Brooklyn.
Proprio dalla metropolitana sono partiti i primi segnali di preparazione all'arrivo dell'uragano. I  giornali e la tv ne parlavano già da alcuni giorni e avevano cominciato a mettere in guardia i cittadini sui pericoli di Sandy, ma nelle stazioni della metropolitana sono comparsi gli avvisi che istruivano i viaggiatori spiegando cosa sarebbe potuto succedere prima, durante e dopo il passaggio dell'uragano. Nel frattempo, tutte le principali emittenti televisive hanno cominciato a trasmettere a ripetizione gli inviti alla prudenza del presidente Obama, del governatore Cuomo e del sindaco Bloomberg. Obama, in particolare (memore degli effetti negativi che la sottovalutazione dei rischi dell'uragano Katrina ebbe sull'immagine di J.W. Bush), continua a ricordare che "Sandy sarà grande e cattivo" e raccomanda a tutti di seguire alla lettera le indicazioni fornite da polizia e pompieri: "Se vi dicono di evacuare, fatelo senza esitazioni".
A questo punto occorre spiegare che a New York già da diversi anni esiste un piano di evacuazione da applicare in caso di uragano. L'intera città è suddivisa in tre zone: la A, più vicina alla costa e maggiormente esposta ai rischi; la B (quella in cui mi trovo io), da evacuare solo in un secondo momento e in casi di estrema necessità; la C, più interna e riparata. In questo caso è stata decisa l'evacuazione della sola zona A.
Il giorno prima dell'arrivo dell'uragano è stato comunicato che il servizio della metropolitana sarebbe stato sospeso a partire dalle 19, mentre gli autobus avrebbero continuato a funzionare fino alle 21. Successivamente sarebbero stati chiusi al traffico tutti i ponti e i tunnel che collegano Manhattan alla terraferma e alle altre isole.
All'apertura degli shelter point (i punti di raccolta), i cittadini evacuati vengono invitati a portare con sé gli animali domestici. Agli altri cittadini viene raccomandato di chiudersi in casa, magari provvedendo a fare una scorta di viveri di prima necessità sufficiente per almeno tre giorni. Nel segnalare questa raccomandazione, le tv mostrano immagini di famiglie al supermercato che riempiono i carrelli di acqua minerale San Pellegrino e Perrier. "Come sono strani questi americani - penso tra me e me - sta per arrivare un uragano e loro pensano all'acqua gasata". Solo in un secondo momento ho compreso la vera natura del problema: l'inondaziome causata da Sandy ha contaminato le condotte idriche di New York rendendo l'acqua di casa non potabile. "Non bevetela" avvertono i media.
Nel frattempo, tutte le tv si preparano alla maratona televisiva: "Tracking Sandy" è il titolo più diffuso tra le dirette non-stop. I vari inviati, bardati di impermeabili e stivaloni di gomma, si collegano dalle zone in cui - si suppone - l'impatto dell'uragano sarà più dirompente: Brooklyn Heights Promenade (da cui si gode la migliore vista su Manhattan), Battery Park (base di partenza dei battelli per la statua della Libertà), Long Island e Staten Island. Ad essi si aggiungono gli inviati dalle città del vicino New Jersey: Atlantic City, Jersey City e Hoboken. Quest'ultima è diventata molto popolare in Italia per essere la città del "boss delle torte", ma in America è famosa soprattutto per aver dato i natali a Frank Sinatra.
Quando mancano ancora tre ore all'impatto dell'uragano sulla costa, i primi segnali dell'arrivo di Sandy sono già visibili: piove ormai da diverso tempo, cresce costantemente l'intensità del vento e l'Hudson River e l'East River hanno già rotto gli argini in alcuni punti.
"Non è più il momento di evacuare - ammonisce il sindaco Bloomberg -, è il momento di chiudersi in casa e aspettare". Alla tv sembra quasi di assistere a un conto alla rovescia: Sandy è distante 50 miglia dalla costa, poi 40, poi 30, fino al momento dell'impatto.
Piove sempre di più e sono ormai cominciati i primi allagamenti. Gli inviati delle tv sembrano fare a gara a chi è più immerso nel pantano. Vince l'inviato da Atlantic City, con l'acqua che gli arriva al di sopra della vita. "Se va avanti così - penso - tra un po' gli serviranno una maschera e un boccaglio”.
A partire dalle 20, si assiste a un vero e proprio precipitare degli eventi: dapprima collassa la gru in cima al grattacielo in costruzione sulla 57a strada (ci ero passato sotto appena due giorni fa); poi viene data notizia dell'allagamento del financial district, con il livello dell'acqua che cresce fino a raggiungere i 4 metri; poi crolla la facciata di un edificio dalle parti di Union Square. L'escalation prosegue con il black out che costringe al buio tutta Lower Manhattan e con gli incendi tra le case del Queens. Arrivano, purtroppo, anche le notizie relative alle prime vittime.
Vista alla tv, l'immagine della zona sud di Manhattan (quella dei grattacieli, per intenderci), totalmente al buio, non sembra vera. Ancora più surreale, tuttavia, appare quella di Times Square deserta, ma illuminata dai maxischermi che continuano a reclamizzare bibite, spettacoli di Broadway e gioielli dell'elettronica.
Istintivamente, penso di essere stato fortunato a scegliere Midwood come base d'appoggio: se mi fossi trovato a Manhattan sarei stato in una situazione ben peggiore.
Tuttavia, anche a Brooklyn non si può stare tranquilli: quando Sandy incalza, le pareti dell'hotel vibrano in maniera sinistra, gli infissi scricchiolano in modo inquietante e il vetro della finestra (questa, però, è forse solo una mia suggestione) sembra quasi deformarsi.
Capisco che l'azione dell'uragano non è caratterizzata da uno scuotimento continuo dell'edificio, ma ha un andamento imtermittente: a raffiche più potenti, in cui sembra che il vento voglia demolire qualunque cosa incontri sulla sua strada, si alternano momenti di calma apparente. È in questi ultimi che si può ascoltare il suono delle sirene della polizia, dei pompieri e delle ambulanze impegnate nei soccorsi. Alla tv informano che il volume delle richieste di aiuto al 911 (l'equivalente del nostro 113) ha raggiunto le 10.000 chiamate ogni 30 minuti.
Nel frattempo, provo anche a mangiare qualcosa. Seguendo le indicazioni fornite dai media, ho provveduto  a fare provvista di viveri ma, avendo a disposizione in camera solo un forno a microonde e un bollitore per l'acqua, l'unica possibilità di avere un pasto caldo è quella di ricorrere a una zuppa liofilizzata. Non sarà il massimo, ma è meglio di niente.
Il martellamento intermittente di Sandy va avanti per quasi tutta la notte. Prendere sonno è impossibile, ma verso l'alba crollo sfinito. Al mio risveglio, il silenzio attorno a me mi fa capire che l'uragano è passato. Alla tv, tutti i canali all news mostrano le immagini del disastro: le piccole abitazioni sulla costa di Jersey Shore sommerse dal fango, le villette distrutte dall'incendio a Breezy Point (Queens), le linee della metropolitana inondate dall'acqua e dai detriti. Qualche cronista azzarda una prima stima dei danni complessivi.
Mi preparo ad uscire dopo una giornata intera vissuta da recluso e mi preparo a trovarmi di fronte a uno scenario di distruzione. Le mie aspettative sono confermate: la furia di Sandy si è abbattuta anche su Midwood. Ci sono decine di alberi spezzati o sradicati. Alcuni si sono abbattuti sulle case, altri sulle auto, altri ancora sulle strade, di cui hanno ostruito il passaggio.
Accanto a questa dimostrazione di incredibile potenza dell'uragano, tuttavia, un altro elemento cattura la mia attenzione: in strada ci sono centinaia di persone, residenti della zona, che collaborano per far fronte all'emergenza. C'è Shlomo, anziano ebreo ashkenazita, impegnato a collocare dei piccoli cartelli scritti a mano per segnalare la presenza di alberi con rami spezzati che potrebbero cadere improvvisamente; c'è la vecchietta dai lineamenti sudamericani che avverte tutti i passanti di fare attenzione a una lamiera che pende pericolosamente dal tetto di una casa; c'è la donna originaria del Medio Oriente, dal volto coperto, che riempie decine di sacchi neri di plastica raccogliendo con le mani foglie e ramoscelli dal marciapiede, aiutata in questo dalla titolare di un ristorante messicano. E, ancora, in tanti - chi con un rastrello, chi con una pala o una scopa - sono impegnati a ripulire le strade. Arriva anche qualcuno con una sega elettrica: certo, è una buona occasione per procurarsi un po' di legna per l'inverno, ma è anche un modo per liberare in tempi più rapidi le strade dai tronchi.
Tutta l'eterogenea e multietnica comunità di Midwood, quartiere a sud di Brooklyn, appare impegnata nel ripristinare al più presto possibile la normalità all'interno del proprio territorio.
Mi vengono in mente altre immagini, ben più drammatiche, recentemente osservate al memoral di Ground zero: quelle dei cittadini di New York che di loro iniziativa si erano recati al World Trade Center per aiutare a scavare a mani nude tra le macerie delle Torri gemelle.
Nel primo pomeriggio arrivano finalmente i mezzi pesanti: i camion dell'azienda dei trasporti cittadina che completano l'opera di pulizia portando via ulteriori detriti o spostando a bordo strada ciò che, al momento, non può essere rimosso. La vita di Midwood può così tormare alla normalità. Per Manhattan ci vorrà più tempo e ancor più complicato sarà il ritorno alla normalità nel New Jersey. Anche lì, però, cominciano a vedersi i primi segnali di miglioramento: molte strade sono state riaperte al traffico e lo stesso è stato fatto con i ponti sull'East River. In tv Obama lancia ora messaggi di speranza alla nazione: "Il peggio è passato - dice -, ora è tempo di rialzarci e reagire". Il sindaco Bloomberg annuncia la possibile riapertura dell'aeroporto Kennedy. Forse, dopo due giorni di prolungamento forzato della vacanza, riuscirò finalmente a rientrare in Italia.
Nei dieci giorni che hanno preceduto l'arrivo dell'uragano ho cercato letteralmente di consumare le strade di New York sotto i miei piedi; ho scattato più di mille fotografie; ho provato qualsiasi tipo di street food. Insomma ho cercato di fare il possibile per far sì che della "Grande Mela" non restasse che un piccolo torsolo da scoprire. Era sicuramente un obiettivo irrealizzabile e, forse, della Grande Mela sono riuscito a malapena a scalfire un po' della buccia ma, alla fine, l'apprendimento più importante è arrivato proprio dall'osservazione della comunità multietnica di Midwood, quartiere a sud di Brooklyn.
                                                                     Antonio Nastri

 





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